Quote gratuite di Co2: nuove regole Ue per l’assegnazione

 La Commissione Ue ha adottato una serie di nuove regole per definire l’assegnazione a titolo gratuito delle quote di emissioni di CO2 per il settore industriale a partire dal 2013. Sino al 2020, infatti, una parte delle quote non sarà venduta all’asta, ma i paesi Ue dovranno attribuirla gratuitamente a quei settori industriali che sono sottoposti a una forte concorrenza dei paesi terzi che non rispettano i limiti delle emissioni di CO2.
Questa decisione è una tappa importante nel processo di riforma del mercato europeo del carbonio“, ha affermato la commissaria Ue al cambiamento climatico Connie Hedegaard, spiegando che la decisione proposta da Bruxelles ha raccolto il consenso anche degli stati membri e dell’Europarlamento. “Gli indicatori individuati danno un’idea precisa di cosa sia possibile realizzare in ogni settore in materia di produzione a bassa intensità di carbonio, e favoriscono gli impianti più performanti sul piano delle emissioni” di C02, ha spiegato la commissaria.

La pesca industriale in Nuova Zelanda altera l’equilibrio dell’ecosistema della regione Antartica

 La pesca industriale in Nuova Zelanda altera l’equilibrio dell’ecosistema della regione Antartica. Le maggiori testimonianze di questo problema sono date da un aumento della popolazione dei pinguini e da una drastica diminuzione di orche.
Il ricercatore statunitense David Ainley, che conduce delle ricerche sui Pinguini, dice che mettere fuori uso in un modo così radicale un ecosistema avrà un impatto a lungo termine, distruggendo l’ultimo oceano incontaminato del mondo nonché l’unico laboratorio naturale che consente di studiare i cambiamenti climatici.
La Nuova Zelanda è leader nella pesca del merluzzo antartico nel Mare di Ross, l’ultimo avamposto meridionale di pesca, ne pesca circa 3000 tonnellate per un guadagno di 18 milioni di dollari l’anno.

Minimo storico per il ghiaccio Artico: mai così poco

Nuovo minimo storico per il ghiaccio dell’Artico: secondo i dati del National Snow and Ice Data Center americano la calotta ha cominciato a restringersi lo scorso 7 marzo, e l’area massima registrata e’ la stessa del 2006, l’anno del record precedente. Secondo i dati riportati il massimo raggiunto quest’anno e’ stato di 14,64 milioni di chilometri quadrati, piu’ di 1,2 milioni di chilometri quadrati piu’ bassa della media degli ultimi 30 anni e all’incirca pari al record negativo di cinque anni fa: “Per tutto il mese di marzo il ghiaccio ha continuato ad espandersi e restringersi attorno a questi valori – spiega il comunicato del centro ricerche – e’ un comportamento normale perche’ il ghiaccio vicino alle estremita’ della calotta e’ sottile e distende a disperdersi“.

Scomparsa delle api: il loro nemico è l’acaro varroa

La copertina del rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) mostra la foto di un’ape da miele con un parassita, la ‘varroa‘, un piccolo acaro rossastro chiaramente visibile sul suo torace. E’ un parassita che si nutre dei fluidi vitale dell’insetto, in tutte le sue fasi, e diffonde da arnia ad arnia pericolosi virus e batteri che se non individuati e curati possono portare alla morte di tutta la colonia, il piu’ serio dei pericoli, secondo quanto affermato nel rapporto, per le api da miele nei paesi occidentali.

La scomparsa delle api
Dal 2006, quando gli allevatori statunitensi cominciarono a denunciare la sparizione delle loro api – un misterioso fenomeno che ha spazzato via piu’ di un terzo delle colonie al suo culmine, nel 2007-2008 – in pochi prestavano attenzione a questo microscopico parassita della grandezza di una capocchia di spillo.

Coralli del pianeta a rischio: cambiamenti climatici e acidificazione delle acque le cause principali

 Coralli del Pianeta e rischio sopravvivenza. E’ quanto emerge da una nuova analisi, che per la prima volta include anche le minacce dei cambiamenti climatici, dal riscaldamento delle acque marine all’acidificazione degli oceani. Il rapporto mostra che le pressioni locali, come eccesso di pesca, sviluppo costiero e inquinamento, sono i fattori di rischio immediato, che minacciano oggi oltre il 60% delle barriere coralline. Indicati anche i 27 paesi piu’ vulnerabili dal punto di vista economico e sociale a causa del degrado o della perdita dei coralli. Si tratta di Haiti, Grenada, Filippine, Comore, Vanuatu, Tanzania, Kiribati, Fiji e Indonesia.

Cambiamenti climatici: l’Ue stanzia 89,4 milioni di euro per le isole del Pacifico

 Da Vanuatu alle Samoa, passando per le Salomone, nelle piccole isole del Pacifico i cambiamenti climatici sono gia’ un allarme quotidiano, con l’aumento del livello del mare che minaccia la sopravvivenza delle popolazioni. Questi paesi hanno opportunita’ limitate di crescita economica e sono molto vulnerabili rispetto alle ricorrenti catastrofi naturali. Di qui il lancio di nuovi progetti, sul fronte dell’adattamento all’emergenza clima e della lotta contro la poverta’, da parte dell’Unione europea, per un valore di 89,4 milioni di euro.

Così i cambiamenti climatici influenzano la borsa

I cambiamenti climatici influenzano anche la borsa. Le principali aziende mondiali quotate in Borsa, nonostante la mancanza di un accordo globale sul cambiamento climatico, affermano che il carbon management sta assumendo una priorità strategica per il loro business, diventando a tutti gli effetti un driver competitivo. Anche in Italia, il carbon management si sta definitivamente imponendo nell’agenda dei consigli di amministrazione quale importante indicatore a cui gli investitori guardano con sempre maggiore attenzione.
E’ questo il trend che emerge con forza dall’ultimo studio ‘Carbon Disclosure Project 2010- Italy 60 Report’, presentato oggi a Milano in Borsa Italiana, in un evento promosso dal Carbon Disclosure Project, l’ong che rappresenta oltre 500 investitori istituzionali, elaborata da Pwc in collaborazione con Banca Monte dei Paschi di Siena.

Inquinamento: Cina e Usa influiscono maggiormente sui cambiamenti climatici

 Non c’é molta differenza tra nord e sud del mondo quando si guarda al numero dei disatri naturali. Ma la disparità aumenta a favore del sud quando si calcolano gli impatti. Eppure nella classifica sono in testa Cina e Usa, sia per i danni economici che per il numero di eventi. Questo quanto emerge dal convegno sull’economia delle calamità naturali e la riduzione degli impatti organizzato dal Centro Euro-Mediterraneo per i cambiamenti climatici (Cmcc), e iniziato oggi a Venezia.

Le catastrofi naturali
Secondo Carlo Carraro, direttore scientifico del Cmcc e della Fondazione Eni Enrico Mattei, le catastrofi naturali sono state “particolarmente intense nel corso del 2010”. Proprio dalle serie storiche, afferma Carraro, emerge infatti che gli eventi sono “innegabilmente crescenti” mentre gli impatti a livello globale sono “decrescenti”, sia per il numero di morti che per le conseguenze delle malattie. A ben vedere, osserva l’esperto del Cmcc, tra nord e sud del mondo il numero di fenomeni è più o meno lo stesso, ma alle latitudini meridionali del globo “le catastrofi ambientali sono ancora delle catastrofi”.

Allarme per le barriere coralline in Sudan: il giardino dei coralli in pericolo

 E’ allarme per una delle barriere coralline meglio conservate al mondo, quella del Sudan, sul Mar Rosso. Lo ‘Sha’ab Suedi’, a nord di Porto Sudan, noto come il ‘Giardino dei coralli‘ e’ apparso grigio e senza vita, in due reef dei dieci monitorati dalla spedizione dei ricercatori dell”Alma Mater Studiorum’ Universita’ di Bologna, a bordo di ‘Felicidad II’, l’imbarcazione di Aurora Branciamore e sede itinerante di Marevivo in Sudan.
Solo pochi mesi fa, i coralli e gli animali che vivevano in simbiosi nel meraviglioso reef erano in buona salute: nulla faceva presagire – ha commentato la presidente nazionale di Marevivo, Rosalba Giugni – il disastro dovuto all’aumento della temperatura delle acque che fa vittime eccellenti. Lo stato di salute dei coralli desta in noi molta preoccupazione’‘.

Un pianeta polveroso: la Terra ha il doppio delle polveri rispetto a 100 anni fa

 Il nostro pianeta è due volte più “polveroso” rispetto a 100 anni fa. Secondo uno studio della Cornell University (Usa), la quantità di polveri del deserto, non prodotte da attivita’ umana, presenti nell’atmosfera terrestre è raddoppiata nel corso dell’ultimo secolo influenzando il clima e l’ecologia in tutto il mondo. Per la prima volta i ricercatori, come riferisce la rivista Science Daily sulla base di uno studio presentato all’American Geophysical Union, hanno stimato la quantità di polvere del deserto e di altre particelle solide presenti in atmosfera nel corso del 20° secolo per cercare di capire quanto questi materiali siano responsabili dei cambiamenti climatici. E’ noto infatti che la polvere faccia da schermo alle radiazioni solari avendo così un effetto opposto ai gas serra. Inoltre è in grado di influenzare la formazione delle nubi e delle precipitazioni, comportando così una maggiore siccità ed una conseguente desertificazione.