La Riserva Naturale Lago di Vico è un’area protetta del Lazio istituita con la Legge Regionale n. 47 del 28 settembre 1982 e ampliata con la Legge Regionale n. 24 del 24 dicembre 2008 che ha incluso nella riserva naturale anche il versante sud-ovest del lago prima escluso.
La Riserva Naturale Lago di Vico è un’area protetta della Regione Lazio. Si estende su una superficie di 4.109 ettari circa e comprende i territori dei comuni di Caprarola e di Ronciglione della provincia di Viterbo.
La Riserva Naturale Lago di Vico sorge su un terreno vulcanico che conserva intatta la tipica biodiversità dei luoghi, boschi di querce (specialmente cerri), faggi, aceri, noccioli, castagni da frutto, l’area della palude e il lago e il Monte di Venere.
Il lago di Vico è uno dei laghi vulcanici più belli d’Italia, si trova nella conca del cratere di un antichissimo vulcano attivo nel Quaternario, tra ottocentomila e centomila anni fa. Ha una forma a ferro di cavallo dovuta al Monte di Venere, un piccolo cono vulcanico sorto durante l’ultima fase eruttiva che si trova sulla sua sponda settentrionale.
Aree Protette e Parchi
Riserva Naturale Selva del Lamone – parte seconda –
Nell’area protetta della Riserva Naturale Selva del Lamone, oltre ai vari tipo di querce, si trovano anche l’acero, il carpino nero e, nei punti più umidi e poco esposti al sole, il faggio che qui si trova ad un altitudine inferiore al limite medio per questa specie. Tra muschi e licheni dell’area protetta troviamo anche molte piante spinose tipo il biancospino, il prugnolo e il rovo, e tantissimi fiori colorati che sbocciano rigogliosi in primavera. Nella Selva del Lamone è possibile trovare numerose specie di orchidee.
I fitti boschi dell’area protetta della Riserva Naturale Selva del Lamone conservano intatta la biodiversità dei luoghi sia nelle parti boschive che in quelle più aride delle distese di rocce laviche che di quelle acquitrinose.
La biodiversità dell’area protetta della Riserva Naturale Selva del Lamone mantiene intatto il fascino di un territorio poco antropizzato, tutto da esplorare solo in parte da soli perché a volte è necessario contattare una guida della forestale.
Riserva Naturale Selva del Lamone – parte prima –
Al confine tra Lazio e Toscana, in provincia di Viterbo, proprio sotto Pitigliano e sopra Farnese, adiacente alla media valle del fiume Fiora, poco distante dal lago di Bolsena, si trova una delle aree protette più selvagge, interessanti e meno conosciute del Lazio.
L’area protetta della Riserva Naturale Selva del Lamone è stata istituita con una legge regionale del 1994 e si estende per quasi duemila ettari nel territorio del comune di Farnese in provincia di Viterbo, che ne è l’ente gestore.
La Selva del Lamone è un bosco di querce fitto ed isolato che sorge su un territorio collinare di natura vulcanica lontano dai grandi centri abitati. Un’oasi di pace al confine tra Lazio e Toscana dove flora e fauna conservano intatte la biodiversità del territorio, tra colate laviche e resti di insediamenti preistorici.
L’area protetta della Riserva Naturale Selva del Lamone si trova tra i Monti Vulsini e il Monte Amiata, il suo substrato principale è costituito da rocce vulcaniche dal colore che varia dal grigio chiaro al rosso, formatesi con la deposizione e sedimentazione dei prodotti delle eruzioni del vulcano Vulsino, attivo tra gli ottocentomila e i cinquantamila anni fa.
I butteri
Buttero deriva dal greco “boùtoros” (chi punge i buoi) è una sorta di custode di cavalli e buoi selvatici che in Italia troviamo in aree protette dell’Agro Pontino, della Campagna Romana, della Maremma di Lazio e Toscana.
Il mestiere del buttero era fino agli anni 1930 un mestiere importante e ambito ma oggi è praticato da poche persone e principalmente in aree protette di parchi e riserve statali e riserve regionali d’Italia. Il mestiere del buttero è legato al territorio selvaggio di aree protette specialmente acquitrinose dove la biodiversità si conserva intatta per favorire il pascolo libero di cavalli e bovini.
L’abbigliamento tradizionale del buttero comprende calzoni di fustagno, cosciali, giacca di velluto, cappello a falde larghe, pastrano e “mazzarella”, un bastone usato per stimolare cavalli e buoi.
I butteri dell’Agro Pontino
I butteri delle aree protette dell’Agro Pontino, della Campagna Romana e della Maremma di Lazio e Toscana usano delle selle dette “bardella”, “scafarda” e “sella col pallino”, tutte selle diverse da quelle che si vedono nei film di cowboy americani.
Dodici mesi dedicati all’ambiente: il calendario 2011 del Corpo Forestale dello Stato
Dodici mesi dedicati al ruolo delle foreste, alla gestione sostenibile della natura, alla difesa del suolo e ai cambiamenti climatici: si ispira a questi temi il calendario 2011 del Corpo Forestale dello Stato, presentato a Roma. Per il Corpo Forestale, il 2011 rappresenta un’ulteriore sfida per far conoscere le proprie attivita’, anche perche’ l’ Onu lo ha dichiarato anno internazionale delle foreste.
Il ruolo di boschi e foreste
I boschi rappresentano, secondo la Forestale, uno strumento naturale di difesa del suolo, in grado di contrastare erosione, siccita’ e desertificazione. Il contrasto ai fenomeni di degradazione del suolo e’ infatti uno dei compiti storici del Corpo Forestale, che contribuisce alla manutenzione del territorio.
I lemuri, una società matriarcale
I lemuri sono animali selvatici notturni, mangiano frutta, foglie e insetti , vivono nel Madagascar in aree protette e sono animali selvatici dotati di pollice opponibile e occhi dotati di uno strato riflettente che gli consente di avere una visione notturna.
I lemuri non appartengono alla specie dei primati e non si sono evoluti da loro, ne condividono solo tratti comportamentali e morfologici.
Modello matriarcale
I lemuri hanno società organizzate sul modello matriarcale, ovvero anche nelle specie scarsamente gregarie le femmine hanno posizione di dominanza nei confronti dei maschi. Le femmine hanno la priorità, ad esempio, per quanto riguarda la toeletta e la scelta di siti dove dormire o costruire un nido: sono inoltre le prime ad avere accesso a una fonte di cibo.
Cacume e Morbano
Si racconta che nei pressi di Tagliacozzo, in Abruzzo, in foreste di querce e faggi, aceri, carpini, noccioli, in terra di Marsica, tra fiumi, fonti e grotte, esistevano due paesini, Cacume e Morbano. Gli abitanti dei due paesi vivevano sfruttando ciò che il territorio offriva loro: il bosco, raccogliendo ciò che gli alberi della foresta offrivano, le erbe, la legna e cacciando animali selvatici.
Cacume e Morbano distavano tra loro pochi chilometri e gli abitanti litigavano spesso per il predominio sul territorio, ed erano rivali per vari motivi, una volta per il confine di un terreno o di un bosco, un’altra volta per la raccolta della legna o dei frutti degli alberi, o delle erbe, per i terreni di pascolo, per la caccia degli animali selvatici. Ogni motivo era buono per litigare.
Walk Italy Coast, scoprire i parchi italiani camminando
Camminando, camminando. Il Walking Festival della Toscana ”contagia” Liguria, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Lazio e Puglia e diventa Walk Italy Coast. Si passeggia nei parchi, sospesi tra l’entroterra e il mare. Settemila e cinquecento chilometri. E’ la lunghezza complessiva delle coste italiane, che insieme al patrimonio artistico e culturale, rappresentano la più straordinaria risorsa attrattiva del nostro Paese. Sulla costa si affacciano 630 comuni, poco meno dell’8% del totale, che ospitano però il 30% della popolazione residente e rappresentano quasi il 40% del turismo complessivo. La manifestazione Walk Italy Coast, che si svolge l’ultimo fine settimana di ottobre, è una iniziativa sperimentale che si ispira al Tuscan Coast & Islands Walking Festival, un programma di itinerari che dalla primavera ha accompagnato i turisti nei parchi toscani per splendide escursioni, e prosegue fino al 7 novembre.
Termina oggi il vertice di Nagoya sulla diversità biologica
I Paesi firmatari della Convenzione Onu sulla diversità biologica (Cop10), 193 in tutto, hanno dato il via la scorsa settimana ai lavori alla decima conferenza, organizzata a Nagoya, nel Giappone centrale, per provare a superare lo stallo dei negoziati tra paesi ricchi e poveri, con attenzione particolare ai target internazionali da adottare in futuro e all’uso delle risorse genetiche.
Fino a oggi, 29 ottobre, i circa 8mila delegati saranno chiamati a trovare misure concrete di fronte ”al raggiungimento del punto di non ritorno per la biodiversità”, ha detto nella cerimonia d’apertura il ministro dell’Ambiente nipponico, Ryu Matsumoto. Nel 2002, a Johannesburg, il summit sullo sviluppo durevole si prefiggeva ”la riduzione significativa del ritmo di perdita della diversità biologica entro il 2010” agendo contro la deforestazione, l’inquinamento (global warming in testa) e lo sfruttamento senza freno delle risorse ittiche.
Massacrato perché difendeva l’ambiente: l’addio a Giuseppe Vassallo
All’origine ”dell’efferato delitto” c’è ”la mancanza di amore per l’uomo”, e il voler mettere al primo posto ”il denaro, il profitto, lo sfruttamento dell’ambiente e delle persone pensando e credendo che soltanto questo costituisce la fonte della felicità e della umana realizzazione”.
E’ quanto ha detto il vescovo di Vallo della Lucania, mons. Giuseppe Rocco Favale, nel corso dei funerali del sindaco di Pollica, Giuseppe Vassallo svoltisi nella mattinata di venerdì ad Acciaroli. ”Ma perché uccidere brutalmente”, ha detto il vescovo, un uomo che ”ha dato tanto a questo territorio”, ”massacrandolo di pallottole?”.