L’idea di costituire il Parco dell’Etna, per proteggere la biodiversità di un ambiente naturale straordinario ed unico in Europa, nacque nel corso degli anni ’60, da un’iniziativa sostenuta dal prof. Valerio Giacomini e da un piccolo gruppo di studiosi ed appassionati. Dopo accesi dibattiti e violente polemiche, dopo differimenti e ritardi durati oltre un decennio, ma soprattutto dopo le manifestazioni del movimento conservazionista culminate con la marcia allo Zingaro del 18 maggio 1980, l’Assemblea Regionale Siciliana vara il 6 maggio 1981 la Legge n. 98 che prevede l’istituzione di 19 riserve e la nascita di 3 parchi naturali: l’Etna, i Nebrodi e le Madonie, segnando in questo modo l’inizio della via siciliana ai parchi e della tutela dell’ambiente e della biodiversità nell’isola. Con tale legge quadro, la regione Sicilia, decise di avviare un’azione organica di tutela del territorio.
Aree Protette e Parchi
Area Marina Protetta Isole Pelagie -parte seconda-
Nel periodo che va da fine febbraio ad aprile a poca distanza dalla costa di Lampedusa e Linosa, nelle Isole Pelagie, è facile avvistare individui in gruppi o solitari, l’arcipelago formato da Lampedusa, Linosa e Lampione, è una importante area di alimentazione invernale per questa specie minacciata d’estinzione. La specie il cui nome scientifico è Balaenoptera physalus, è il più grande cetaceo presente nel Mediterraneo, un gigante di oltre 20 metri e 50 tonnellate di peso. Studi sulla distribuzione e sul numero di individui della balena comune stimano una popolazione di circa 3000 esemplari.
Nella classifica delle isole italiane, Lampedusa viene al tredicesimo posto per le sue dimensioni, 21 kmq, con un perimetro di 33,3 km e un’altezza massima (133 m) in località Albero del Sole.
Area Marina Protetta Isole Pelagie -parte prima-
Le Isole Pelagie rappresentano il gioiello più meridionale del sistema nazionale delle aree marine protette italiane. Le Isole Pelagie racchiudono, in un unico arcipelago tesori e caratteristiche ambientali che appartengono a due continenti distinti: l’Africa e l’Europa. Quasi un ponte attraverso il bacino del Mediterraneo, esse testimoniano l’interdipendenza delle dinamiche ecologiche dal quale non si può prescindere in nessun programma di protezione dell’ambiente. La bianca Lampedusa, la nera Linosa e lo sperduto isolotto di Lampione, sede di attente politiche di tutela ambientale, rappresentano oggi un nuovo contributo alla sfida della sostenibilità in Italia.
Le progressive invasioni di specie alloctone nelle Isole Pelagie costituiscono attualmente una delle principali emergenze ambientali e sono considerate dalla comunità scientifica internazionale la seconda causa di perdita di biodiversità a scala globale.
Il Parco Archeologico di Baratti e Populonia -parte quinta-
La vegetazione del Parco Archeologico di Baratti e Populonia è caratterizzata da quattro ambienti principali: la costa rocciosa, che risulta colonizzata sino a pochi metri dal mare dal finocchio, dalla carota selvatica, dall’elicriso e dagli argentei arbusti della barba di Giove, mentre più nell’interno crescono i ginepri ed infine i sempreverdi arbusti della macchia; la macchia mediterranea (la cui pianta dominante è il leccio) che è la formazione vegetale più rappresentativa del Promontorio. Nel Parco Archeologico di Baratti e Populonia il bosco misto è costituito da specie vegetali relegate in valli fresche ed umide, dove sono presenti anche il castagno, la ginestra dei carbonai, l’agrifoglio e l’alloro, tipici di ambienti montani ed atlantici; gli incolti e le radure, colonizzati da numerose specie di piante erbacee come la spina bianca, l’erba viperina, il verbasco nero, il cardo scolino, la cicoria, il fior d’oro che, in primavera, con le loro copiose fioriture, adornano i fianchi scoperti delle colline con pennellate di colore che variano dal rosa, al celeste, al giallo.
Il Parco Archeologico di Baratti e Populonia -parte quarta-
La morte della città di Populonia è ricordata da versi struggenti che il poeta Rutilio Namaziano le dedica in occasione di un suo viaggio lungo costa all’inizio del V secolo d.C.
Il Parco Archeologico di Baratti e Populonia ospita anche dei resti di epoca medievale. L’archeologia sta ancora indagando la dissoluzione dell’antica città nel paesaggio medievale, ma nella collina posta di fronte all’acropoli sono proprio gli scavi a restituire i resti di un monastero benedettino per secoli rimasto nascosto fra i boschi.
La sua fondazione risale all’XI secolo, quando la fondazione di monasteri e castelli costituiva un passaggio chiave per l’affermazione delle signorie locali.
Il Parco Archeologico di Baratti e Populonia -parte seconda-
Il Parco di Baratti e Populonia, nella sua dimensione attuale è il frutto degli scavi archeologici condotti negli anni passati dalla Soprintendenza Archeologica e, tra il 1996 ed il 1998, dalla Società Parchi Val di Cornia.
Tra le più note città Etrusche, Populonia si affermò, a partire dall’età del ferro (IX secolo a.C.), come punto di approdo e luogo strategico di incontro tra le rotte tirreniche che collegavano la Sardegna con la Corsica e l’Etruria, esercitando allo stesso tempo un controllo sui giacimenti minerari del campigliese, attualmente visitabili nel Parco Archeominerario di San Silvestro.Tra il VI ed il IV secolo a.C., Populonia divenne il principale centro siderurgico del Mediterraneo nella lavorazione dell’ematite, minerale di cui l’Isola d’Elba, situata proprio di fronte a Populonia, era ricca. Populonia si articolava in una una città bassa e una città alta, cioè in una zona incentrata sul porto sulle attività metallurgiche (situata al di fuori del circuito murario), e in un’Acropoli, con le abitazioni e i templi, sulla sommità del promontorio.
Il Parco Archeologico di Baratti e Populonia -parte terza-
Gli scavi del Parco Archeologico di Baratti e Populonia non hanno ancora oggi portato in luce l’abitato dei secoli V-III a.C. fatta eccezione per i due circuiti murari: il più antico, del V secolo a.C., cioncava la sommità del promontorio con una possente muraglia in opera poligonale, mentre, quello del IV-III secolo a.C. è di dimensioni assai maggiori e arriva a comprendere l’intera acropoli e buona parte dell’abitato che, in questo periodo, si doveva essere esteso anche lungo le pendici del rilievo principale. Sembra che questa importate muratura andasse a segnare i limiti della città abitata lasciando fuori i quartieri industriali e le necropoli.
Della conquista romana di Populonia si conosce assai poco dalle fonti, ma è certo che orami nel II secolo a.C. l’antica città etrusca fosse ormai nell’orbita politica di Roma.
Il Parco Archeologico di Baratti e Populonia -parte prima-
Il Parco Archeologico di Baratti e Populonia si trova nel comune di Piombino in provincia di Livorno e si estende per circa 80 ettari tra le pendici del promontorio di Piombino e la costa sul golfo di Baratti, dove sorgeva la città etrusca e romana di Populonia, nota fin dall’antichità per l’intensa attività metallurgica legata alla produzione del ferro. Il Parco Archeologico di Baratti e Populonia comprende una parte significativa dell’abitato etrusco e romano di Populonia, con le sue vaste necropoli, le cave di calcarenite ed i quartieri industriali in cui si lavorava il minerale di ematite, proveniente dai giacimenti dell’isola d’Elba, per ricavare lingotti di ferro. Il parco è articolato in diverse aree di visita che permettono di cogliere la trasformazione del paesaggio nel corso dei secoli.
Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise -parte quinta-
Con attente osservazioni durante le vostre escursioni nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise potreste trovare i loro segni di presenza; infatti sia il cervo che il capriolo lasciano evidenti scortecciature su giovani alberi sfregando i propri palchi, ovviamente ad altezze diverse.
La lince (Linx linx) è un animale misterioso presente nel Parco Nazionale d’Abruzzo e Molise nelle zone più selvagge ed impervie. Le caratteristiche peculiari della lince sono: orecchie dritte con ciuffi di peli neri e la coda corta con la punta nera.
La lince è un animale solitario e territoriale, caccia le proprie prede all’agguato e all’avvicinamento, prediligendo lepri, volpi, e cuccioli di cervo e capriolo oltre a topi, altri piccoli roditori, uccelli ed invertebrati.
Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise -parte quarta-
L’animale più famoso, simbolo stesso del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise è l’orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus). Inconfondibile per le sue dimensioni, il suo peso può superare i due quintali, è un animale dal comportamento pigro, solitario e tranquillo; prevalentemente onnivoro si adatta a ciò che offrono l’ambiente e le diverse stagioni: frutta, bacche, erba, insetti, miele, piante, radici, carogne. L’orso vive nelle foreste ma frequenta anche le praterie di alta quota al limite del bosco. Non risulta molto facile l’avvistamento mentre è sicuramente più semplice incontrare i segni della sua presenza, come le caratteristiche orme ben evidenti sul fango o sulla neve, oppure le grosse pietre rivoltate che l’orso sposta per mangiare gli insetti che vi abitano sotto.