I rischi immediati per la salute, legati alla contaminazione nucleare in Giappone dovuta ai danni alla centrale di Fukushima, “sono reali, ma non sono i più temibili. I pericoli maggiori riguardano il futuro. E l’entità del fenomeno e la sua durata non si possono prevedere“. Lo spiega Giuseppe Miserotti, presidente dell’Ordine dei medici di Piacenza e il referente dell’Isde, l’associazione dei medici per l’ambiente affiliata alla International Society of Doctors for the Environment, che sottolinea come l’estrema attenzione all’attualità spinga a sottovalutare le vere insidie del nucleare, che si manifestano sul lungo termine.
“E’ certo che i tecnici che hanno lavorato intorno alla centrale in questi giorni – spiega l’esperto all’Adnkronos Salute – e che hanno subito irradiazioni massicce, avranno nelle prossime settimane gravi problemi di salute. Penso che il loro impegno possa essere paragonato a quello dei kamikaze perché il rischio è elevatissimo. Come abbiamo purtroppo visto a Chernobyl“.
Il futuro del Giappone
Ciò che però allarma è il futuro. “Un recente studio sull’incidente russo di 25 anni fa – continua Miserotti – mostra che dopo un netto picco di tumori alla tiroide nei primi anni dopo il disastro (con un rischio elevatissimo per chi fu contaminato da bambino), a distanza di un quarto di secolo si mantiene ancora sensibilmente alta la percentuale di queste malattie“. Molto dipende dal “passaggio degli inquinanti nella catena alimentare. E l’uomo, come ultimo anello, rischia di concentrare in sè i livelli più elevati“.
I tempi del dimezzamento delle sostanze radioattive
Il tipo di danno “dipende dal radionucleide uscito e dai tempi di dimezzamento. Lo stronzio, il cesio 137, lo iodio 131 e anche trinzio e carbonio 14 hanno un’emivita (tempo occorrente perché la metà degli atomi di un campione puro dell’isotopo decadano in un altro elemento) molto lunga. E sono particolarmente insidiosi“.
“Lo stronzio – spiega il medico – ha un’elevata concentrazione nelle ossa, con un aumentato pericolo di leucemie e tumori perché irradia anche il midollo osseo. Il cesio, invece si concentra nelle gonadi, sia maschili che femminili, esercitando quindi un effetto sugli embrioni. E danneggia anche le cellule muscolari, producendo una cardiomiopatia, studiata dopo Chernobyl nei bambini piccoli che morivano per problemi cardiaci“.
L’esperto sottolinea come si tratti di “problemi molto complessi che devono tener conto dei singoli radionucleidi responsabili, di cui non possiamo prevedere i movimenti una volta sfuggiti al controllo. Ma contano anche altre variabili“.
Quanto influiscono le condizioni meteorologiche
“Oltre alla quantità di inquinanti prodotta, infatti, bisogna tener conto anche delle condizioni meteorologiche, che la fanno da padrone“, aggiunge Miserotti.
Gli elementi radioattivi vengono depositati in maniera massiccia dall’acqua, dall’umidità e dalle condense che le portano sul terreno. “A seconda delle correnti d’aria e delle caratteristiche di tipo climatologico, precipitazioni e altro – aggiunge – ci sono territori che possono essere contaminati più di altri anche se, magari, sono meno vicini alle centrali. Il rischio, insomma, non è prevedibile. A decidere davvero è la variabilità climatica“, che, tra l’altro, oggi è particolarmente ‘ballerina’ .
La contaminazione alimentare
Per Miserotti, tra l’altro, spesso si dimentica che “anche durante il funzionamento normale delle centrali fuoriescono radionucleidi – carbonio 14 e trizio – che finiscono nella catena alimentare e che, come dimostrano diversi studi, fanno aumentare, a brevi distanze dalle centrali, leucemie e tumori infantili”. Secondo l’esperto, infine, per qualsiasi fonte di inquinamento vale un principio semplice: “quando l’inquinante si diffonde, il suo destino certo è che, in un modo o in un altro, arriva all’uomo. Questa è una cosa che dovrebbe essere sempre ben presente nel considerare i rischi ambientali“.