Inquinamento marino: il santuario delle balene in Liguria abbandonato dai cetacei

di Redazione 1.037 views2

 Il santuario dei cetacei, un’ area del mar Ligure che sino a poco tempo fa aveva rappresentato un vero e proprio paradiso per balene e delfini, ha visto un calo drastico della presenza dei cetacei: sino al 75% in meno gli avvistamenti di balenottere e fino al 50% in meno di stenelle. La causa? Presto detto: il traffico marino incontrollato, con imbarcazioni che viaggiano anche fino a 70km/h, e la presenza di batteri fecali in alto mare. Insomma… il paradiso dei cetacei è diventato una fogna in alto mare.
Sotto l’ occhio del mirino la mancanza di regole e l’ assenza di un piano di gestione del traffico marittimo. A portare all’ attenzione dei media il problema è stata ancora una volta Greenpeace, con un dossier intitolato “Balene a perdere”, presentato la scorsa settimana a Roma. Il dossier raccoglie i risultati della ricognizione effettuata lo scorso agosto dalla Artic Sunrise proprio nelle zone del santuario cetaceo.

I DATI DEL DOSSIER
Nel 1992, 16 anni fa, in quell’ area marina le balenottere erano circa 900 e le erano stenelle comprese tra 15.000 e 42.000. Nel 2008, dopo 1.200 chilometri di navigazione, sono state avvistate solo 13 balenottere (un quarto rispetto alle attese e non sufficiente a elaborare una stima sulla popolazione), mentre il range di stenelle si è attestato tra 5.000 e 21.000 esemplari. E’ calata anche la media del numero di individui presenti nel gruppo: da 22,5 a 7,5.

LE CAUSE
Le cause della diminuzione di cetacei nell’ area del santuario sono diverse.
Innanzitutto l’ inquinamento: in due aree è stata rilevata una forte “contaminazione di batteri fecali” oltre i valori ammessi per la balneazione (100 colonie/100 ml). Essi non provengono da terra ma – presume Greenpeace – dallo scarico di traghetti e navi da crociera. Un tipo di sversamento che, oltre a essere persistente soprattutto nei periodi estivi, colpisce la salute dei cetacei: sono animali immunodepressi, che raccolgono e assorbono le contaminazioni presenti in mare.
Un’ altra indubbia causa è l’ intenso traffico incontrollato: “navi di 100-150 metri e traghetti che corrono a 70 km/h con il rischio di impatto con i cetacei e l’ emissione di forti rumori“.
Ma non è tutto: a mettere a rischio balene e delfini sono anche le attività di “whale watching” svolte “in modo pericoloso”, così come “la pesca illegale”.

COSA MANCA
Ma, quello che manca, è soprattutto “un ente di gestione” del traffico marittimo per la salvaguardia del mare e delle specie marine, oltre ad un un piano di tutela per non lasciare che questa zona del Mediterraneo rimanga “una scatola vuota senza regole e controlli“. La soluzione? Creare una grande riserva marina d’ altura.

Cosa che, conclude Greenpeace, renderebbe impossibile “l‘ insediamento della prima area industriale offshore: il rigassificatore di Pisa-Livorno” che è stata progettata proprio all’ interno del santuario. L’ associazione dell’arcobaleno, impegnate nelle aree marine, chiede che sia sottoposto a tutela il 40% del Mediterraneo.

Commenti (2)

  1. Con questi rigassificatori hanno ampiamente rotto la ….
    Non c’è più rispetto per nulla, figurarsi per il mondo in cui viviamo!
    Questo è il progresso: navi grandi come 10 condomini che sfrecciano nel mare inquinando quanto aerei. Caspita che progresso, la gente che li progetta e li usa per le proprie vacanza sì che bada al futuro e sì che è coscienziosa!

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