Risorse: sfamare nove miliardi di abitanti in modo sostenibile

di Redazione 88 views0

 Nutrire in modo sostenibile e riducendo le disparità tra i 9 miliardi di abitanti del pianeta nel 2050 è possibile ma per questo serve ”non generalizzare il modello alimentare dei paesi industrializzati”, ”fare la scelta di un’agricoltura produttiva ed ecologica” e ”riequilibrare gli scambi commerciali internazionali di prodotti agricoli e agroalimentari”. Altrimenti il rischio è quello di dover aumentare a dismisura la produzione di cibo per ‘sfamare’ i 3 miliardi di abitanti supplementari con il rischio di nuove crisi alimentare, di un esaurimento delle risorse naturali e di un incremento delle disparità. E’ quanto emerge dal rapporto ‘Agrimonde’ pubblicato nei giorni scorsi dall’Inra, l’Istituto nazionale di ricerca agronomica francese, e dal Cirad, il Centro di cooperazione internazionale in ricerca agronomica per lo sviluppo.

Non serve produrre di più
Oggi, si rileva nel rapporto, un abitante del pianeta dispone, mediamente, di una quantità di cibo pari a 3.000 kilocalorie al giorno contro 2.500 nel 1961. Una cifra, questa, che sarebbe giusta se non nascondesse disparità a livello mondiale: nei paesi dell’Ocse, infatti, un individuo nel 2003 dispone mediamente di circa 4.000 kilocalorie (6.300 kcal se si aggiunge il cibo per l’alimentazione degli animali), che è eccessivo, mentre nell’Africa subsahariana non raggiunge i 2.500 kcal che è un dato insufficiente.

Il riequilibrio del cibo
Certamente oggi, sottolineano infatti i presidenti dell’Inra, Marion Guillou e del Cirad, Gerard Matheron nell’introduzione al rapporto, ”potremmo nutrire l’intera popolazione mondiale considerando la quantità di alimenti prodotti dall’agricoltura ma ovviamente se escludiamo le crisi, le guerre, le disparità, le speculazioni, i prezzi irraggiungibili, i sprechi, gli incidenti climatici e i parassiti che colpiscono molte persone nel mondo che non hanno abbastanza da mangiare”.

Cambiare le abitudini alimentari
Per raggiungere nel 2050 una disponibilità di 3.000 kcal al giorno per tutti gli abitanti del pianeta, in modo sostenibile e eliminando le disparità, i consumi dovrebbero crescere del 30% nei paesi in via di sviluppo mentre nei paesi industrializzati dovrebbero diminuire del 25%. Un risultato raggiungibile, sostengono Inra e Cirad, che si potrebbe ottenere cambiando le abitudini alimentari (ad esempio privilegiando gli alimenti con meno calorie e più ricchi in fibre o riducendo i consumi di carne) e limitando gli sprechi che nei paesi industrializzati sono ”colossali” e si aggirono intorno ai 800 kcal al giorno e per abitanti.

Consumo sostenibile e salute
Un consumo, sostenibile, meno ricco in calorie, che potrebbe avere anche effetti positivi soprattutto per la salute dei cittadini nei paesi industrializzati: nel 2003 1,3 miliardi di adulti nel mondo erano in sovrappeso di cui 400 milioni di obesi. Se il trend attuale dovesse confermarsi nel 2030 si conterebbe ben 3 mld di persone in sovrappeso e 1 mld di obesi.
Da consumi sostenibili, quindi, benefici per la salute ma anche per l’ambiente. La produzione alimentare, si osserva nel rapporto, infatti, ha forte ripercussioni sia sull’uso delle risorse naturali che sull’uso delle fonti fossili: da qui la necessità di adattare i propri consumi alla tutela dell’ambiente e in particolare di consumare meno carne.

La produzione e il consumo di carne
Basta pensare infatti che per produrre un chilo di patate sono necessari solo 100 litri di acqua mentre per produrre un chilo di maiale servono ben 4.600 litri. Per un chilo di pollo 4.100 litri di acqua, per un chilo di manzo 13.000 litro di acqua. Per quanto riguarda l’energia negli Stati Uniti sono necessari 2.700 kcal di energia fossile per produrre 100 kcal di maiale e soltanto 1.600 kcal per produrre 100 kcal di manzo.

L’inquinamento prodotto dai cibi non locali
Negli ultimi quarant’anni, osserva ancora il rapporto, gli scambi commerciali di prodotti alimentari a livello mondiale è fortemente cresciuto: gli scambi hanno superato i 7.000 miliardi di kcal al giorno nel 2003 (92% vegetali, 6% animali terrestri e 2% animali acquatici) contro meno di 1.500 mld di Kcal al giorno nel 1961. Dati, questi, sottolinea il rapporto, ”che testimoniano di un ricorso maggiore delle nazioni al commercio internazionale con la crescita parallela dei trasporti a base di energie fossili”.

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