Già nel 2020 il mondo potrebbe non riuscire a produrre abbastanza cibo per tutti, a causa dell’aumento della popolazione e degli effetti dei cambiamenti climatici sulle produzioni agricole. Lo afferma uno studio dell’Ong statunitense Universal Ecological Fund, che ha combinato le proiezioni sulle temperature dell’Ipcc con i dati disponibili sulle produzioni mondiali. Secondo i risultati dello studio, che parte dalla stima di un aumento di 2,4 gradi della temperatura media entro i prossimi dieci anni, alla popolazione che diventerà di 7,8 miliardi di persone verrà a mancare il 14% del grano, l’11% del riso e il 9% del mais, mentre le uniche produzioni che beneficeranno dei climi più caldi saranno quelle di soia.
Il deficit della produzione alimentare
Per il solo grano, ad esempio, ci sarà un deficit di produzione di almeno 109 milioni di tonnellate, che potrebbe spingere i prezzi in alto di almeno il 20%. L’area del Mediterraneo risulterà una delle più colpite dal calo delle produzioni, che arriverà al 10% soprattutto a causa delle minori precipitazioni, mentre il nord Europa risulterà avvantaggiato dai cambiamenti climatici. Al di fuori del continente tutti i maggiori produttori agricoli mondiali subiranno delle perdite.
Come correre ai ripari
Il rapporto individua alcune azioni da intraprendere per contrastare questi fenomeni. Oltre alla riduzione delle emissioni, per cercare di contrastare l’aumento della temperatura, secondo gli esperti è necessario cambiare le diete delle varie popolazioni del mondo, spostandole verso produzioni più resistenti al caldo e verso fonti di proteine, come i legumi, più sostenibili rispetto alle altre. “Il prezzo dell’inazione potrebbe essere altissimo – sottolinea Liliana Hisas, autrice del rapporto – non solo per le future generazioni, ma anche per questa“.