Termina oggi il vertice di Nagoya sulla diversità biologica

di Redazione 34 views0

I Paesi firmatari della Convenzione Onu sulla diversità biologica (Cop10), 193 in tutto, hanno dato il via la scorsa settimana ai lavori alla decima conferenza, organizzata a Nagoya, nel Giappone centrale, per provare a superare lo stallo dei negoziati tra paesi ricchi e poveri, con attenzione particolare ai target internazionali da adottare in futuro e all’uso delle risorse genetiche.
Fino a oggi, 29 ottobre, i circa 8mila delegati saranno chiamati a trovare misure concrete di fronte ”al raggiungimento del punto di non ritorno per la biodiversità”, ha detto nella cerimonia d’apertura il ministro dell’Ambiente nipponico, Ryu Matsumoto. Nel 2002, a Johannesburg, il summit sullo sviluppo durevole si prefiggeva ”la riduzione significativa del ritmo di perdita della diversità biologica entro il 2010” agendo contro la deforestazione, l’inquinamento (global warming in testa) e lo sfruttamento senza freno delle risorse ittiche.

La perdita della biodiversità
Obiettivi mancati, secondo l’Onu, al punto che, ha ricordato il segretario generale Ban Ki-moon, ”la perdita della biodiversità sta accelerando”. I nuovi target di riferimento sono ora al 2020 e al 2050, ma i contenuti sono tutti da definire in presenza di valutazioni da parte dei singoli Paesi spesso in deciso contrasto.

Piani più efficaci per salvare la biodiversità
L’Unione europea, ad esempio, ha proposto di realizzare lo stop ”alla perdita della biodiversità già al 2020” che le nazioni in via di sviluppo hanno bollato come ”velleitario” chiedendo, allo stesso tempo, risorse per poter portare avanti ”piani efficaci ed efficienti”. Nell’immediato ci sono 20 obiettivi strategici per il nuovo decennio a protezione della biodiversità, allentando le pressioni su ecosistemi delicati (come la barriera corallina), abbattendo l’inquinamento e favorendo la creazione di riserve protette sia marine sia sulla terraferma.

Le aree protette
Attualmente, appena il 13% della superficie terrestre e quasi l’1% delle acque degli oceani sono protette, ma il target e’ ipotizzato, rispettivamente, al 25% e al 15%. Tra le principali difficolta’ c’e’ pure la spartizione delle ricchezze naturali e delle risorse genetiche, come nel caso di due farmaci anticancro prodotti dalla pervinca rosa del Madagascar che le aziende farmaceutiche coltivano ricavandone grandi profitti con una minima parte rigirata all’isola africana.

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