Sversamento British Petroleum: dalla maxi-cupola ai capelli umani per contenere la marea nera

di Redazione 97 views2

 Gli esperti della British Petroleum le stanno tentando tutte per riuscire ad arginare la fuoriuscita di greggio che ormai persiste da giorni sui fondali del Golfo del Messico. La prossima strategia consisterà nel posizionare sul pozzo petrolifero danneggiato una gigantesca cupola metallica, destinata ad arginare la fuoriuscita di greggio. La struttura, che sarà solidamente ancorata sul fondale marino a 1.500 metri di profondità, è collegata a una conduttura che convoglierà il greggio su una nave d’appoggio. Alta oltre 12 metri e pesante circa 78 tonnellate, questa struttura in metallo e cemento progettata ‘ad hoc’ dovrebbe incapsulare ciò che resta del tubo della piattaforma da cui continua a fuoriuscire petrolio. Una volta installata e collegata ad un apposito compressore in superficie, la struttura dovrebbe poi aspirare fino all’85% del petrolio ancora presente in fondo al mare. Ed evitare la catastrofe.

IL PIANO DI EMERGENZA
L’operazione non è mai stata effettuata a simili profondità, sottolinea la compagnia britannica, e potrebbe richiedere fino a tre mesi di tempo. Tutte le altre opzioni, tra cui quella di bloccare la fuoriuscita tappando tutte le falle con robot sottomarini, erano state progressivamente scartate dalla British Petroleum dopo due settimane di inutili tentativi. La perdita di petrolio alimenta la marea nera nel Golfo del Messico da quasi venti giorni e i danni sono incalcolabili.

PRIMO TENTATIVO FALLITO
In una corsa contro il tempo che non ha precedenti dal punto di vista dell’ingegneria marittima, gli ingegneri stanno cercando di contenere il petrolio della piattaforma Deepwater Horizon. Ma l’operazione di posizionamento della cupola è tecnicamente molto difficile, e dopo essere stata calata in mare, la cupola ha dovuto essere risollevata in superficie. I problemi tecnici per il suo funzionamento sono enormi, e richiedono soluzioni mai sperimentate in precedenza. La piattaforma è sul fondo dell’oceano, a 1.500 metri di profondità. I tecnici hanno cominciato nella notte di sabato a calare la cupola, ma dopo alcune ore hanno dovuto risollevarla in superficie. “Abbiamo incontrato formazioni di idrati di dimensioni superiori al previsto” ha spiegato il capo degli ingegneri, Doug Suttles. “Stiamo studiando una soluzione per scioglierli – ha aggiunto – ma ci vorranno due giorni“. La struttura è stata progettata tenendo conto della pressione a cui è sottoposta a 1.500 metri di profondità, ma sono ancora tutte da verificare le sue capacità di ‘tenuta’. L’obiettivo è di fissarla al fondo, ma non lo si può fare con un intervento umano, bisogna avvalersi di robot subacquei comandati in superficie. Tutto ciò, oltre a presentare una serie infinita di incognite, richiede tempo, ed è esattamente quello – il tempo – ciò che non hanno gli uomini impegnati nei soccorsi.

L’ENTITA’ DELLO SVERSAMENTO
“Più passano i giorni, più aumentano le possibilità che il petrolio raggiunga le coste” hanno detto i responsabili della National Oceanic Atmspheric Administration (NOAA), l’organismo federale americano che si occupa della tutela ambientale delle acque e delle coste marine. E’ stato calcolato che dal giorno dell’esplosione circa tre milioni di galloni di petrolio sono finiti nelle acque del Golfo. Dalla falla della piattaforma la perdita continua ad essere intensa, pari a 5mila barili al giorno. Ma per fissare la cupola e farla funzionare come una pompa aspirante, se tutto va come previsto, sarà necessaria almeno un’altra giornata. Nel frattempo gli operai che la notte del 20 aprile lavoravano sulla piattaforma hanno rivelato ai media americani particolari finora non emersi.

LE CAUSE DELL’INCIDENTE
In base alle loro testimonianze, l’incidente sarebbe stato causato da una bolla di metano, formatasi per il cattivo funzionamento di una valvola di sicurezza. La prima esplosione ne ha innescate altre, finché l’intera piattaforma non ha preso fuoco. Gli operai hanno riferito di scene di panico, con la gente che si buttava in acqua in piena notte. Sulle cause dell’incidente sta indagando anche la BP, che ha assicurato che ogni dettaglio sarà reso noto, ma solo al termine dell’indagine interna.

LE INIZIATIVE IN CAMPO
Nei giorni scorsi l’esercito americano aveva provveduto ad arginare l’ondata di petrolio attraverso delle barriere che proteggono le principali oasi ecologiche al largo delle coste della Louisiana, che vive di pesca, turismo e prodotti del mare, oltre che ad ospitare alcune aree di nidificazione dei pellicani marini. Ma anche la popolazione si è attivata per dare una mano, ad esempio tagliandosi i capelli: uno dei modi per aiutare a contenere e assorbire il petrolio è infatti quello di creare dei sacchi pieni di capelli umani, in grado di “filtrare” l’acqua marina inquinata. Moltissimi i parrucchieri che hanno accettato di raccogliere i capelli dei clienti per inviarli al contenimento della marea nera.

Commenti (2)

  1. possibilita di frenare o fermare flusso del greggio dal pozzo , interessa?

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