Anche l’Algeria scende in campo per protestare contro il fracking, fenomeno altresì identificato come fratturazione idraulica. Sì, perché il Governo ha reso noto che secondo esperti americani, nell’area ci sarebbero riserve per circa 200.000 miliardi di m3 di gas di scisto da sfruttare e la cosa sta creando deciso malcontento tra la popolazione del luogo.
L’idea che nuovi pozzi possano essere costruiti a danno dell’ambiente, sfruttando le risorse naturali del territorio, preoccupa e molto, gli abitanti del Gran Sud che si sono mobilitati per far sentire la loro voce. A Tamanrasset, a 2mila chilometri da Algeri, sono duemila gli studenti che si sono radunati insieme ad altre persone per protestare contro questo fenomeno che ormai è particolarmente utilizzato nel mondo. E da almeno un anno che l’Algeria è in fermento contro lo shale gas, ovvero lo sfruttamento del suolo per estrapolare il gas appunto, ma è solo negli ultimi mesi che la protesta si è fatta più concreta coinvolgendo moltissime persone unite nella protesta contro il Governo algerino che potrebbe dare il via libera al fenomeno del fracking. Per questo motivo lo scorso 7 gennaio lo stesso Ministro dell’energia algerino, Youcef Yousfi, si è recato a Tamanrasset, dove era in corso la protesta, per calmare gli animi e rassicurare i protestanti che temono soprattutto una cosa: che la fratturazione idrica possa distruggere le già scarse risorse idriche della regione con evidenti danni per l’ambiente e la popolazione che vi abita.
Insomma una questione spinosa che sta tenendo gli algerini in allerta e che riguarda una zona ancora oggi povera di infrastrutture e che sconta ancora le conseguenze dei test nucleari portati avanti dalla Francia tra il 1960 ed il 1966 in quello che era il deserto algerino.
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