Cibo e ambiente

di Redazione 47 views0

Nel Regno Unito, alla Cambridge University, un gruppo di ricercatori e scienziati ha condotto uno studio molto interessante che sembra aver intercettato quello che viene chiamato il “gene della fame”.

Infatti sembrerebbe che la cattiva abitudine di mangiare in continuazione e fuori pasto sia dovuta a cause genetiche; lo studio che ha esaminato oltre 2000 persone, ha riscontrato che quelli di loro che risultavano essere spesso affamati e che bruciavano calorie con maggior difficoltà, avevano in se una particolare mutazione del gene chiamato KSR2, mentre coloro che avevano una variante abituale del gene KSR2, avevano meno appetito dopo i pasti principali e tendevano a bruciare più grassi. Negli Stati Uniti è stata svolta una ricerca parallela, infatti all’Università di Washington, a Seattle, si sono potute osservare diverse reazioni di alcune nostre cellule nervose che dovrebbero reagire in modo prestabilito, ossia, quando il nostro corpo è sazio, queste dovrebbero indurci a non mangiare più, cosa che accade anche quando in corso c’è una malattia e il fisico sa da se che è meglio evitare di mangiare, i in altri casi esso intuisce spontaneamente quando un cibo può essere tossico o velenoso e attenua quindi il nostro senso di appetito.

Il medico Sadaf Farooqi, dell’Università di Washington, spiega a proposito della ricerca, che se queste cellule neuronali funzionano correttamente, il senso di sazietà dopo i pasti è automatico, e tuttavia, se alcune persone non riescono a trattenersi nonostante un adeguato stile di vita che comprenda dell’attività fisica, è in parte dovuto a fattori genetici.

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