Un bambolotto fatto a pezzi che ricorda in tutto e per tutto un bimbo in carne ed ossa, è rinchiuso dentro una scatola trasparente, pronto per essere mangiato. Questo è il messaggio shock che si vede nel manifesto di una campagna vegana che in molti hanno già visto per le strade di Grosseto, Torino e Pordenone.
Nel manifesto si legge una scritta grande “Chi mangi oggi?” e poi sotto:
Gli animali non sono cose. Quando li mangi o li sfrutti, mangi qualcuno. Non qualcosa. Diventa vegan.
Non c’è alcun dubbio sul fatto che l’associazione per il veganesimo sia riuscita nell’intento, perché il manifesto ha già suscitato molte polemiche, tra cui quelle della Confederazione Italiana Agricoltori di Cuneo:
A giudicare da certe campagne pubblicitarie, la dieta vegana fa male anche al cervello.
Il messaggio è forte, perché il bambolotto ha le fattezze di un bebè talmente verosimili da essere inquietante, ma dall’associazione dichiarano:
Il nostro intento come ideatori della pubblicità “Chi mangi oggi?” era esattamente questo. Riteniamo interessante dal punto di vista antropologico evidenziare che la fotografia di un bambolotto rappresentante le fattezze di un bambino umano smembrato e impacchettato, suscita generalmente indignazione e disgusto, mentre le continue e quotidiane pubblicità raffiguranti i corpi degli animali non umani smembrati e impacchettati in varie modalità non provocano lo stesso disgusto, anzi al contrario paiono universalmente accettate.
Ma intanto a Grossetto la polemica è andata ben oltre, con l’intervento del Garante dei Minori. Il garante della Toscana Grazia Sestini ha dichiarato in una nota:
Al di là dello sconcerto che l’immagine di un bambino-bambolotto confezionato come prodotto alimentare possa provocare nella sensibilità delle persone, qui siamo in presenza di una palese violazione di principi fondamentali e pur in assenza di una legge che limiti e punisca campagne di questo tipo, non possiamo accettare che atti così gravi rimangano totalmente impuniti. In assenza di una legge in materia siamo costretti a ricorrere ai codici di autodisciplina. Documenti la cui sottoscrizione è volontaria ma che dovrebbero diventare vincolanti. Il manifesto non è solo una offesa al comune senso del pudore ma viola palesemente i diritti umani, perché pur rappresentando una bambola, e quindi una cosa fittizia, l’immagine è talmente somigliante al reale che può indurre confusione.