L’autore di uno studio choc sugli OGM attaccato dalle lobby?

di Redazione 41 views0

Qualche giorno fa vi ho scritto di uno studio choc sugli OGM. Oggi ritorno sull’argomento per scrivere del professor Gilles-Eric Séralini. Il coordinatore dello studio ha risposto alle critiche sul suo studio affermando di essere

attaccato in modo estremamente disonesto dalle lobby.


E continua

Lobby che si fanno chiamare comunità scientifica. E’ la stessa lobby che ha permesso l’autorizzazione di questi prodotti e che è attivata dalle imprese biotecnologiche.

E conclude

Un lavoro che cerca di sporcare l’individuo per tentare di discretidare il suo lavoro perché la conseguenza sarebbe che le imprese biotecnologiche siano obbligate a fare studi di lungo termine.

Questo studio sul mais OGM NK 603 ed il pesticida Round Up, entrambi prodotti dalla Monsanto e importati in Europa, è stato condotto su duecento ratti per due anni, è stato pubblicato nella rivista “Food and Chemical Toxicology”, che ha pubblicato in passato dei lavori favorevoli agli OGM.

Le critiche riguardano il fatto che lo studio avrebbe preso in considerazione un numero troppo piccolo di ratti – i gruppi sono di dieci -, e su una razza che ha tendenza più di altre a sviluppare tumori.

La risposta del ricercatore è diretta

tutti gli studi del mondo sono fatti così

ovvero con queste caratteristiche.

Lo stesso

NK 603 è stato autorizzato su questa base. Se non si possono tirare delle conclusioni bisogna immediatamente vietare tutti gli OGM.

E ancora

Tutti quelli che hanno abbaiato

sottointeso contro lo studio

sono all’origine dell’autorizzazione di questi prodotti, e lo hanno fatto sulla base dei test sullo stesso ceppo di ratti, con dei campioni di dieci ratti per solo tre mesi e senza altrettanti test. E’ ridicolo.

Il professore comunque si dice cosciente che il suo studio

ha i suoi limiti e l’ho detto nel mio libro.

Si potrebbe fare con gruppi di 50 ratti ma tocca ai poteri pubblici finanziarlo, non può essere un laboratorio indipendente a spendere 20 milioni d’euro.

Lo studio racconta che tutti i ratti trattati – meno uno – muoiono tra l’11° e 12° mese. Corrisponde ad un età compresa tra i 35 e i 40 anni nell’uomo. E anche il ratto sopravvissuto ha problemi renali gravi.

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