La notte nel deserto la temperatura scende, producendo una freschezza naturale ideale per conservare frutta e legumi. A partire da questa semplice constatazione, un ricercatore francese – fa parte di ITerrae, società pioniera nel campo del raffreddamento radioattivo – sembra che abbia sviluppato una tecnologia di produzione del freddo che potrebbe alimentare anche i granai di una delle zone del mondo più colpite dalla carestia: il Sahel. nel cuore dell’Africa più povera.
I granai sono stati costruiti con terra cruda seccata al sole, e costruiti in forma sferica. Sono dotati di un tetto di 100 metri quadri sul quale sono presenti tre pannelli solari che forniscono l’energia necessaria per la luce e la ventilazione.
Il serbatoio termico è, al suo interno. Come spiega Pascal Fayet:
La temperatura interna è stabile circa 20° mentre la temperatura esterna è 40°, e variando la velocità del flusso d’aria, si può scendere a 15 gradi.
Dentro le produzioni locali, come cipolle, melanzane, patate e carote, sono conserate su graticci in eucalipto e coperte di paglia. Come un isolante, l’inventore utilizza la tifa, una pianta invasiva.
Questo progetto ha vinto un premio del Ministero della Ricerca francese nel 2008, e finora è stato testato per la prima volta in Niger, dove è stata costruita una struttura di 900 metri quadri che aveva dei muri di terra cotta al sole spessi cinque metri e un tetto a 12 metri da terra.
Peccato però che ormai per il pericolo legato al fondamentalismo islamico, il paese come buona parte del Sahel sia diventato praticamente off limits per i bianchi. E quindi il progetto ha continuato ad essere svilupato in Senegal.
Grazie anche all’aiuto della Fondazione Albert II di Monaco, il progetto ha costruito un primo granaio pilota nel villaggio Mbakombel, 80 km a sud di Dakar. L’obiettivo finale sarebbe quello di dotare ciascuno dei 14.000 villaggi del Senegal di una struttura simile.