Investimento remunerativo o un ritorno mascherato al colonialismo? Da anni ormai assistiamo all’acquisto di terre agricole in paesi stranieri. Un fenomeno che può comportare rischi per l’ambiente, e sicuramente genererà forti tensioni geopolitiche.
I più attivi in questo settore sono i cinesi, seguiti da indiani, sudcoreani e dai paesi del Golfo. Tutti sono alla ricerca di terre straniere per rispondere ai loro bisogni alimentari crescenti. Al business si sono uniti ultimamente anche i paesi occidentali. Loro però si sono messi alla ricerca di superfici agricole per sviluppare i biocarburanti.
Secondo il Land Matrix Project, un progetto internazionale che cerca di sorvegliare questo fenomeno, tra il 2000 ed il 2010, un totale di 203 milioni di ettari – otto volte le dimensioni di un paese come la Gran Bretagna – sono passati sotto il controllo straniero – il passaggio è avvenuto attraverso vendite o affitti di lungo periodo.
Più della metà – 66% – dei trasferimenti riguardanti l’Africa, in particolare l’Etiopia, la Liberia, il Mozambico ed il Sudan. L’Asia contava per il 14%, ma gli esperti hanno sottolineato l’opacità di questo mercato.
Secondo gli esperti, a lungo termine, l’incremento atteso della popolazione – 9,1 miliardi di esseri umani nel 2050 – con i loro bisogni alimentari, uniti agli aumenti dei prezzi dei carburanti fossili, contribuiranno a mantenere la domanda di terre agricole ad un livello elevato.
Il 4° rapporto mondiale dell’ONU sull’acqua, pubblicato a metà del mese di marzo, ha avvertito che le regioni in preda alla siccità in Africa occidentale rischiano di diventare vittime della passione dei paesi industrializzati per gli agrocarburanti – per produrre un litro di etanolo a partire dalla canna da zucchero ci vogliono 18,4 litri d’acqua.
Per il ministro sudafricano dell’Agricoltura, Tina Joemat-Pettersson, questo nuovo mercato non rappresenta altro che una nuova forma di colonizzazione, e cita a questo proposito il Sudan meridionale: il 40% delle sue terre sono state vendute a investitori stranieri.
E secondo Jeffrey Hatcher della coalizione di ONG americane Rights and Resources Initiative
Gli acquisti controversi di terre hanno largamente contribuito allo scoppio delle guerre civili in Sudan, Liberia e Sierra Leone, e ci sono tutte le ragioni di inquietarsi, e ci sono tutte le condizioni per lo sviluppo di conflitti in altre regioni.
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