Radon, le particelle consentono davvero di prevedere i terremoti?

di Redazione 83 views1

 La previsione dei terremoti? Somiglia ad un miraggio. Anche se a turno, alcuni fenomeni che effettivamente precedono e accompagnano le crisi sismiche sono stati indicati come efficaci segnali premonitori. La frenetica agitazione di animali da cortile come cani, gatti, polli e mucche nr sono un esempio, oppure le variazioni di livello di fluidi sotterranei (come le oscillazioni di acqua nei pozzi). E, ancora, i cupi boati che preannunciano la rottura delle faglie per effetto delle tensioni accumulate nella crosta terrestre o saette, globi e altri fenomeni luminosi che solcano l’ atmosfera elettrizzata.
E poi c’è il radon, di cui tanto si parla in questi giorni.

Questo gas che deriva dall’ uranio radioattivo può emergere dal sottosuolo in quantità superiori alla norma quando la dinamica interna del nostro pianeta piega e comprime le rocce fino a spezzarle. Lo stesso radon che, in alcune aree della nostra penisola, come nel Viterbese, diventa problema sanitario se penetra e ristagna nei piani bassi delle abitazioni, perché può provocare il cancro ai polmoni.

L’ errore commesso da alcuni ricercatori che si sono impegnati negli studi di previsione sismica è stato credere che ci fosse una relazione univoca di causa ed effetto fra la comparsa di uno di questi fenomeni e la scossa di terremoto. E, invece, non si tratta di indizi sufficienti — commenta il sismologo Massimo Cocco, dirigente di ricerca dell’ Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), in un’ intervista al Corriere della Sera —. Ci hanno provato in tanti a seguire questa strada, col risultato che molte volte c’erano i presunti segnali premonitori e poi non arrivava il terremoto, molte altre il terremoto colpiva improvvisamente, senza essere preceduto da alcun segnale, e solo occasionalmente si sono verificati insieme precursori e sisma“.

PRECEDENTI TENTATIVI
A provare a prevedere i terremoti ci avevano provato gli americani, ma erano stati disattesi dalla California, e poi gli scienziati giapponesi, che pensavano di risolvere il problema con un apparato osservativo tecnologicamente sofisticato e capillare. Ma nemmeno loro riuscirono ad individuare alcun precursore utile ad attenuare il disastro.

LE GALLINE CINESI
Insomma, il metodo più sicuro sarebbero state le galline cinesi impazzite, bisce che sgusciano dal terreno e zampilli di acqua inattesi. Ma neanche questi fenomeni, a volte, ci azzeccano.
E allora, quali speranze di prevedere i terremoti?

PREVEDERE I TERREMOTI
“Le speranze ci sono, eccome — incoraggia Gianluca Valensise, un altro dirigente di ricerca dell’ Ingv, esperto in “strutture sismogenetiche” —. Esse stanno nel fatto che già oggi siamo in grado di dire con precisione dove si scatenerà il terremoto e con quale intensità massima; al quando ci arriveremo a poco a poco, affinando gli studi“. Valensise si riferisce agli studi che permettono di individuare le faglie che generano i terremoti e di capire, attraverso indagini storiche e geologiche, come e quando esse si sono mosse nei tempi passati. “Per esempio la faglia di circa 10 chilometri che ha generato il terremoto dell’Aquila rappresentava una lacuna ferma da tempo immemorabile, posta fra un’altra faglia più a nord che aveva provocato un terremoto nel 1703 e una più a sud responsabile di un terremoto nel 1300. Dunque era legittimo aspettarsi che anche questa faglia-lacuna, prima o poi, si dovesse attivare“.

GLI STUDI SULLE FAGLIE
Una risposta sulle tempistiche potrà arrivare dagli studi sulle faglie sismogenetiche, che stanno portando a formulare delle previsioni di tipo probabilistico. Si potrà sapere, per esempio, che il terremoto, in quella certa zona sismica lacunosa, avverrà con la probabilità del 50% entro un anno. Non si potrà tenere lontana la popolazione dalle proprie abitazioni per 365 giorni ma, in un Paese moderno e previdente, tanto dovrebbe servire a mettere in sicurezza il territorio con opere di consolidamento degli edifici più vulnerabili.

Quanto al radon e agli altri precursori, suggerisce Cocco, forse bisognerà seguire l’esempio dei giapponesi che, dopo la mazzata di Kobe, hanno deciso di rifondare il loro sistema di osservazioni, andando a caccia di altri indicatori geofisici più efficaci e affidabili.

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