In principio fu la pecora Dolly, il primo mammifero clonato con successo. Da allora la scienza ha compiuto numerosi passi in avanti e gli animali potrebbero non dover essere più sacrificati per la sperimentazione, la clonazione umana diventa una realtà sempre più tangibile.
La pecora Dolly è stata “creata” in Scozia nel 1996: il caso fu eclatante e fece molto scalpore, dando il via alla questione etica: clonare o non clonare? Questo è il problema, fino a che punto può arrivare la scienza? Dal 1996 ad ora le cose sono cambiate, nel 2003 la pecora Dolly morì a causa di un’infezione polmonare, ma altri animali seguirono lo stesso percorso e furono clonati.
Secondo coloro che sono favorevoli alla clonazione, quella di cavalli e maiali dovrebbe essere studiata per riuscire a creare degli organi compatibili con quelli umani per i trapianti. La questione etica ha colpito tutti, non solo il mondo scientifico: in questo caso a scatenarsi ci sono stati anche gli animalisti, che da sempre si oppongono all’utilizzo di animali per la ricerca in laboratorio.
Al giorno d’oggi è possibile utilizzare tecnologie talmente avanzate da poter fare a meno di clonare gli animali, ma l’aspetto più inquietante dell’avanzare della ricerca, è che è la clonazione umana a diventare un’ipotesi sempre più concreta. Un gruppo di ricercatori in Oregon è riuscito a creare cellule staminali embrionali a partire da cellule di pelle umana. A cosa porterebbe questa evoluzione? Le cellule possono diventare quelle di qualsiasi parte del corpo e potrebbero segnare la svolta per la cura di malattie come il morbo di Parkinson e la sclerosi multipla. Il metodo di clonazione è proprio quello usato per la pecora Dolly: il DNA di una cellula adulta viene inserito all’interno di un ovulo svuotato del suo DNA originario, prima d’ora nessuno era riuscito a clonare delle cellule umane, ma adesso bisogna iniziare ad interrogarsi sulle conseguenze che la clonazione umana potrebbe avere sia sulla società e la ricerca scientifica che i soggetti clonati. Esistono dei limiti per la ricerca? Ed ecco che si riapre il dibattito.
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