E’ un dato preoccupante quello che emerge dal mais raccolto nel 2012: un terzo di questo infatti è risultato essere cancerogeno, a causa della presenza dell’aflatossina B1.
Quasi un terzo del mais italiano prodotto nel 2012 in Italia risulta essere cancerogeno a causa della contaminazione dell’aflatossina B1, che si è sviluppata a causa della forte siccità. Il 30% di quel mais non è commestibile per gli uomini nè per gli animali, così verrà utilizzato come biogas.
L’unica soluzione per non sprecare un terzo del raccolto, risulta essere solamente questa. Emilia Romagna, Veneto e Lombardia hanno trovato un’intesa per dirottare il mais agli impianti di biogas. Si tratta di circa 350 mila tonnellate di mais risultato cancerogeno, che verranno sfruttate per la produzione di elettricità e calore.
Secondo le sperimentazioni, le aflatossine che si sono generate verranno eliminate durante il processo di trasformazione del mais in biogas. Le sperimentazioni attuate dalla direzione generale agricoltura con l’università di Milano è emerso che nel processo di digestione anaerobica le tossine verranno smaltite e da questo processo si ottiene anche il digestato, un tipo di fertilizzante capace di sostituire i concimi di sintesi.
Adesso bisogna aspettare settembre 2013 per capire se c’è altro mais contaminato, sempre a causa della forte siccità che colpisce in particolare le zone sudorientali. E poi bisognerà provvedere a dirottare il mais negli impianti di biogas, presenti in larga parte nel Nord Italia. Il 61% di essi si trova infatti al Nord, sono pochissimi quelli che si trovano al Sud.
L’allerta per le aflatossine colpisce anche il latte: il Laboratorio agroalimentare dell’associazione regionale degli allevatori lombardi ha avviato alcuni controlli, dalle analisi di 200 campioni è emerso che solo il 13% di questi non risulta contaminato.
La situazione è particolarmente difficile a livello economico e non solo, bisogna tenere in considerazione gli svantaggi della produzione del biogas: le coltivazioni che vengono destinate a prodotti che non saranno poi direttamente utilizzabili in campo alimentare e non è ecologico, due dati tra i tanti da non sottovalutare.
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