Il riscaldamento climatico non cambia solo le temperature e il tenore in ossigeno degli oceani, rischia anche di far restringere considerevolmente i pesci che vivono la suo interno. Sembra infatti che uno degli elementi chiave della taglia dei pesci e invertebrati marini è costituito dai loro bisogni energetici: quando il loro ambiente non è più in grado di fornire l’energia all’altezza dei loro bisogni, i pesci smettono di crescere.
Ora l’ossigeno contenuto nell’acqua rappresenta un’importante fonte di energia. Come spiga Daniel Pauly, biologo al Fisheries Centre dell’Università della Colombia britannica a Vancouver, in Canada:
Ottenere abbastanza ossigeno per crescere è una sfida costante per i pesci, e più un pesce è grosso peggio è.
E aggiunge
Un oceano più caldo e meno ossigenato, come predice con il cambiamento climatico, complicherà il compito dei pesci più grossi, e questo significa che cesseranno di crescere prima.
Daniel Pauly ed i suoi colleghi hanno tentato di costruire un modello dell’impatto del riscaldamento climatico su più di 600 specie di pesci a partire da due scenari climatici per il periodo 2001-2050. Secondo i loro calcoli, il riscaldamento medio sul fondo degli oceani del globo resterebbero minime – si parla di qualche centesimo di grado per decenni – così come la riduzione della concentrazione dell’ossigeno. Tuttavia, le variazioni in termini di peso dei pesci sarebbe molto più rilevante – almeno questo sostengono i ricercatori nel loro studio, pubblicato dalla rivista britannica Nature Climate Change.
Nell’insieme, il peso massimo in media dei pesci dovrebbe diminuire tra il 14% ed il 24% tra il 2001 ed il 2050. Rappresenterebbe l’equivalente di 10-18 chili per un uomo medio che pesa 77 kg. L’oceano più colpito sarebbe quello Indiano – 24% -, seguito dall’Atlantico – 20% – e dal Pacifico – 14%.
Secondo i ricercatori, il loro studio
indica che se non si riducono le emissioni di gas ad effetto serra, le conseguenze sarebbero verosimilmente più pesanti del previsto per gli ecosistemi marini.
E per di più
altri impatti delle attività umane, come l’overfishing e l’inquinamento, rischiano di esacerbare il fenomeno.