Era il 6 aprile 2009. Alle 3 e 32 del mattino ad Aquila la terra trema. Qualche tempo dopo sapremo che il sisma è dell’ottavo-nono grado della scala Mercalli e pari a 6,3 gradi della scala Richter. E’ l’inizio del calvario per migliaia di persone. Nei due giorni successivi alla scossa principale vengono registrate altre 256 scosse. E’ quello che si chiama uno sciame sismico, che vede anche tre scosse che superano il quinto grado della scuola Richter – il 6, il 7 ed il 9 aprile.
Il calvario non è ancora finito perché ad oltre tre anni di distanza dal terremoto – come denuncia il responsabile Cisl dell’Aquila Gianfranco Giorgi –
non c’è ancora una città.
Attenzione alle parole, per gli aquilani la città è il centro storico, e infatti l’uomo della Cisl aggiunge che
Serve subito un piano di ricostruzione del centro storico, di cui si discute da tempo, tra grandi polemiche, ma che non è ancora operativo.
Bisogna
fare presto. Abbiamo perso già troppo tempo.
Per Gianfranco Giorgi, la situazione è ben diversa tra periferia e centro. Nel primo caso i cantieri
continuano a proliferare
ma
lo stesso non si può dire per il centro, che resta deserto e abbandonato.
Ancora una volta manca la politica, perché
le poche attività che hanno riaperto i battenti, nel “cuore” della citta’ antica, da sole, non bastano, e non è sufficiente la buona volontà degli aquilani, che con nostalgia e senso di profonda appartenenza si recano a passeggiare lungo i vecchi portici, in mezzo alle macerie.
Gianfranco Giorgi non cerca responsabilità individuali, anche se muove qualche critica, in particolare si mostra dubbioso sull’
auditorium di Renzo Piano, opinabile se non altro per l’impatto ambientale, a due passi dal Castello cinquecentesco. Un’ulteriore cicatrice sul volto già ferito della città.
E ovvio che non ha senso pensare alla costruzione di un auditorium quando il centro città sembra ancora un paese bombardato…
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