Lo streaming sembra essere destinato a diventare il modo più utilizzato per ascoltare la musica. Ma potrebbe diventare oggetto dell’attacco delle associazione ambientaliste, che hanno già espresso pareri molto negativi sui servizi di cloud computing.
A prima vista, sembrerebbe che il Cd sia l’oggetto più inquinante. Bisogna estrarre del petrolio per costruirlo, poi consumare altro petrolio per trasportare il prodotto finito dal luogo di produzione a quello di vendita.
Non secondo un rapporto realizzato da MusicTank, le cui conclusioni sono state riprese da PaidContent. In alcuni casi sarebbe più ecologico ascoltare un Cd piuttosto che utilizzare servizi come YouTube, Deezer o Spotify per ascoltare una canzone.
Attenzione però, questa constatazione varrebbe per i grossi consumatori della musica, che hanno l’abitudine di ascoltare e riascoltare spesso le stesse canzoni. Il rapporto spiegherebbe che l’energia consumati nella produzione e trasporto di un Cd di dodici canzoni sarebbe equivalente a quella spesa per scaricare o sentire in streaming 27 fois le stesse dodici canzoni, senza compressione.
Lasciatemi avanzare qualche dubbio sulla ricerca di MusicTank: si tratta di un think-tank dell’industria musicale. E infatti il rapporto attacca pure il P2P sul piano ecologico. La condivisione di file musicali non autorizzati potrebbe portare a consumare l’equivalente di quattro volte il consumo elettrico di tutte le famiglie della Gran Bretagna.
Tra le opzioni proposte da MusicTank, una è particolarmente fantasiosa – e probabilmente sarebbe la più efficace sul piano energetico. Il rapporto si immagina che tra qualche anno possano essere messi in vendita dei dischi rigidi di 1 petabyte capaci di stoccare tutte le canzoni registrate fino ad oggi per una cifra di cento dollari. Si stima che questi aggeggi potrebbero contenere più di venti milioni di canzoni, dovrebbero essere in una forma tale da evitare che le musiche possano essere lette senza la licenza acquistata separatemente dal disco rigido.
Foto: Flickr