Dall’età di diciotto anni, un francese vive in piena giungla, tra i gibboni, per salvarli dal loro annientamento, che sarà provocato con ogni probabilità dalla deforestazione. Da solo contro tutti, dalle multinazionali ai politici ed ai funzionari pubblici corrotti. A rischio della vita.
Il suo nome è Aurelien Brulé, e la prima volta che ha fatto parlare di sé aveva dodici anni. Era finito sui giornali locali del Sud della Francia che parlavano di lui come dello
strano ragazzino che s’interessa alle scimmie invece di giocare ai giochi elettronici.
Passava tutti i suoi mercoledì davanti alla gabbia dei gibboni nello zoo di Fréjus, nel Var, la città dov’è nato il 2 luglio del 1979. A sedici anni appena, pubblica una vera e propria piccola enciclopedia su questa specie di primate molto minacciato, e riconoscibile per il suo viso aureolato da un anello bianco di pelo.
Quando lo intervistano, questo adolescente parla spesso del suo sogno di partire per l’Asia e salvare i gibboni. A diciotto anni, Aurelien prende un aereo che lo porta sull’isola del Borneo. Per tre mesi viaggia nella giungla per arrivare fino alle terre tribali dei Dayak.
Come racconterà in seguito
Loro avevano visto il primo bianco nel 1990
E’ in queste foreste tropicali, reame incontrastato dei gibboni, che decide di creare un rifugio.
Ma ha bisogno di un’autorizzazione. Per questo il giovane si dirige a Giacarta. Non conosce nulla della pachidermica amministrazione indonesiana, e infatti ci mette tre giorni solo per trovare l’ufficio che può dargli il permesso di cui ha bisogno.
Alla fine trova un ufficiale che gli chiede quali studi ha fatto. Alla sua risposta “nessun titolo di studio”, getta il suo dossier per terra e gli dice che prima deve ritornare a scuola.
A questo punto Aurelien dimostra di essere un adolescente testardo, perché per nove mesi andrà tutti i giorni della settimana a bussare alle porte dell’autorità, finché nel settembre del 1999 riesce a strappare un accordo – e subito dopo ovviamente riparte per la giungla.