Un hotel di Bora Bora raffreddato dal mare. Prima parte
Guardando la barriera corallina che circonda la laguna in cui si trova l’hotel Intercontinental di Bora Bora, è quasi impossibile trovare il luogo dove passa la grande canalizzazione che va a pescare l’acqua fredda negli abissi.
Un grosso tubo di PVC nero di quaranta centimetri di diametro è posato semplicemente sulle rocce che scendono fino a 930 metri, una profondità alla quale l’acqua dell’oceano ha una temperatura di tre gradi centigradi.
Grazie ad un effetto sifone, l’acqua fredda risale fino alla superficie, e grazie ad un piccola pompa elettrica delle dimensioni di una scatola di scarpe per alzare il livello dell’acqua fino ad una costruzione dove avviene lo scambio di calore. Dopo essere riscaldata di tre gradi, l’acqua arriva ad avere una temperatura di 12 °C, e finisce per essere gettata nelle acque dell’oceano a 60 metri di profondità, livello al quale la temperatura è giustamente di 12 °C, e in questo modo si evita di perturbare l’ambiente naturale.
Christophe Maudet, direttore aggiunto dell’hotel Intercontinental di Bora Bora spiega che
tenendo conto dell’elettricità per le pompe e la ventilazione, il sistema permette di risparmiare il 90% dell’energia necessaria per effettuare una climatizzazione convenzionale, ovvero l’equivalente di 2,5 milioni di litri di carburante l’anno.
Anche senza gli aiuti fiscali, l’installazione è stato calcolato che diventerà redditizia dopo sette anni di attività – ovvero alla fine del 2013. Il sistema poi permette di evitare l’utilizzo di gas raffreddanti, il cui impatto sul riscaldamento climatico è estremamente nocivo.
Grazie al successo di questo sistema, si stanno moltiplicando gli studi in tutto il mondo per imitare il principio. Il problema principale è quello di avere una costa che scende molto rapidamente come avviene sulle isole della Polinesia, che permette di accedere molto velocemente ad acque estremamente fredde, e questo escluderebbe regioni come le Seychelles o le Maldive.
Per il progetto sull’atollo di Tetiaroa, l’obiettivo finale è più impegnativo: si vorrebbe rendere l’edificio completamente o quasi autonono dal punto di vista energetico…