Anche la moda può essere dannosa: da anni ci sono molte associazioni ambientaliste che protestano per il terribile impatto ambientale che si riscontra nella produzione di molti capi. Nell‘industria tessile, infatti, si utilizzano molti solventi chimici che non solo sono dannosi per l’ambiente, ma anche per l’uomo.
La tecnica del sandblasting, ovvero della sabbiatura, avviene in ambienti privi di aspirazione dell’aria; gli addetti, che spesso non indossano nemmeno le mascherine, si ritrovano a respirare le particelle di silice che vengono utilizzate sui jeans.
Che questo avvenga tramite processo manuale o tramite quello meccanico, poco importa. Gli operai sono esposti a sostanze nocive per la loro salute, in primis malattie respiratorie e talvolta patologie che possono essere addirittura mortali, come il tumore polmonare.
Nonostante siano stati presi provvedimenti per rendere le normative ancora più severe, soprattutto in fatto di sicurezza, in molti Paesi questo rimane ancora un problema, specialmente in posti come il Bangladesh e la Turchia, in cui sono stati registrati numeri inquietanti di decessi per silicosi.
La richiesta che viene fatta alle case di moda, è quella di modificare le normative ma soprattutto i materiali che vengono utilizzati per la sabbiatura. Queste richieste, in realtà, continuano da molti anni, ma solo poche aziende di moda hanno deciso di cambiare registro.
Ancora in molti, infatti, utilizzano materiali e solventi dannosi per l’ambiente: dai coloranti per i tessuti al petrolio utilizzato per la produzione di molti di essi, nelle case di moda si utilizzano strumenti che mettono continuamente a rischio l’ambiente in cui viviamo: anche il livello delle emissioni è preoccupante, senza considerare poi altri fattori (come il trasporto della merce da un Paese all’altro, da una città all’altra) che potrebbero sembrare meno rilevanti ma che, uniti tutti insieme, apportano danni gravi al nostro ambiente e a noi stessi.
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