I 50 miliardari che speculano sul futuro della Terra

di Redazione 35 views0

L’International Forum on Globalization – ovvero il Forum Internazionale sulla Globalizzazione o IFG – è un istituto che ha sede a San Francisco e riunisce economisti e ricercatori di tutto il mondo – come l’indiana Vandana Shiva o il canadese Tony Clarke – per denunciare alcuni degli abusi compiuti dalle multinazionali in tutto il globo.

Questo istituto ha da poco lanciato un voluminoso rapporto dal titolo Outing the Oligarchy che ha l’obiettivo

di attirare l’attenzione del pubblico sugli individui ultraricchi che traggono maggior profitto dal cambiamento climatico

e che per questo cercano di bloccare con la loro influenza ogni cambiamento in materia di combustibili fossili.

Secondo l’IFG, essi rappresentano

la più importante minaccia che pesa sul nostro clima

e visto che il 99% della popolazione mondiale subisce le conseguenze dei loro atti, deve sapere chi sono – in una sorta di outing obbligatorio.

Alla fine ne è uscita una lista di cinquanta nomi che è arrivata grazie all’applicazione di tre criteri: la ricchezza complessiva – come da classifica dei super-ricchi stilata dalla rivista Forbes -, i danni e le emissioni di carbonio generati dalle sue attività economiche, e il sostegno – palese o nascosto – ai politici che lavorano a favore delle industrie che generano notevoli emissioni di CO2, come l’industria petrolifera.

Nell’elenco che ne è uscito ci sono solo due europei – Silvio Berlusconi e John Fredriksen, un armatore che ha costruito la sua fortuna grazie alle petroliere –, e gli uomini provenienti ai cosidetti paesi in via di sviluppo fanno la parte del leone, visto che ci sono 9 indiani, 3 messicani e 2 brasiliani – oltre a 13 russi.

Ovviamente ci sono anche i miliardari a stelle e strisce, come David e Charles Koch. Le loro Koch Industries sono considerate come uno dei “primi dieci inquinatori dell’atmosfera negli Stati Uniti” dall’università del Massachusetts, ed è stata denunciata sotto l’amministrazione Clinton per più di 300 sversamenti in mare in sei Stati federati, prima di accordarsi per una multa di 30 milioni di dollari nel gennaio del 2000.

Tra il 2005 e il 2008 hanno speso 18,4 milioni di euro per finanziare alcune organizzazioni che, secondo Greenpeace

diffondono notizie errate e false a proposito della scienza del clima e delle politiche in materia energetica.

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