L’anno che termina probabilmente non verrà dimenticato dal pianeta Terra – ma il ricordo sarà piuttosto lugubre. Il 2011 resterà per sempre come l’anno dell’incidente di Fukushima. L’11 marzo l’arcipelago nipponico viene colpito da un terremoto di magnitudo 9 sulla scala Richter. Uno tsunami colpisce la costa e la centrale nucleare di Fukushima. Risultato: più di ventimila morti e fughe radioattive che si ritrovano nell’acqua, il latte ed i prodotti agricoli. Come quello di Chernobyl, l’incidente viene classificato al livello più elevato.
Questo avvenimento ha rilanciato il dibattito sull’atomo e incita la Svizzera e la Germania a pianificare l’uscita dall’energia nucleare. Agli ottimisti forsennati che vedono in questo il lato positivo della catastrofe, ricordiamo che la Francia – uno dei paesi più nuclearizzati al mondo – di restare sulle sue posizioni, malgrado un incidente in un sito di trattamento dei rifiuti radioattivi che ha fatto un morto, in settembre nel Gard. E gli Stati Uniti hanno autorizzato poco tempo fa la costruzione della loro prima centrale nucleare dopo venticinque anni.
Secondo l’Organizzazione metereologica mondiale, questo è il decimo anno più caldo dal 1850. L’Europa è stata toccata da due periodi di siccità, uno particolarmente lungo in primavera, un altro in autunno.
Ci vorrà del tempo per riempire il deficit idrologico a livello delle falde freatiche
nota il climatologo Martin Beniston, professore all’Università di Ginevra.
Dopo gli orsi bianchi e i polinesiani, è il nostro turno di sentire concretamente gli effetti del riscaldamento climatico?
E’ difficile stabilire dei legami precisi
spiega lo scienziato, tanto più che solo una parte dell’Europa è stata toccata. Ma se avvenisse la stessa cosa nel 2012, bisognerebbe farsi qualche domanda.
Inizio dicembre, alla conferenza climatica internazionale di Durban, in Sudafrica: l’obiettivo del Protocollo di Kyoto di limitare l’aumento del termometro planetario di due gradi non verrà raggiunto. Ci si è orietnati verso un aumento limitato a 3,5 gradi. E anche le emissioni di CO2 continuano ad aumentare. Anche la Svizzera, che pure si dice sensibile a questa problematica, ha visto le sue emissioni globali stagnare se non aumentare nel campo dei trasporti. Eppure nel 1999 si era impegnata a ridurre del 10% – ovvero il doppio di quello che chiedeva il Protocollo di Kyoto.
Alla fine di fronte alle posizioni di certi paesi come gli Stati Uniti o la Cina, non è stato trovato nessun accordo a Durban. Tutto è stato rimandato a un accordo futuro. Dopo la fine della Conferenza, il Canada annunciava la sua uscita dal Protocollo di Kyoto e la Svizzera abbandonava l’idea di una tassa sulla CO2 sui carburanti.
Il 2011 è stato segnato anche dalle maree nere. Tutto è iniziato in giugno in Cina, nel mar del Bohai. In ottobre, la Nuova Zelanda ha dovuto affrontare la peggiore catastrofe marittima della sua storia, che ha colpito un santuario per le balene e i delfini. La serie nera è continuata in Brasile in novembre e in Nigeria negli ultimi giorni.
Anche le foreste non sono state risparmiate, anche se era stato proclamato Anno internazionale della foresta. In maggio, il Brasile ha messo in piedi un gabinetto di crisi dopo un aumento brutale della deforestazione in Amazzonia, che ha raggiunto i 593 km2 tra marzo ed aprile.