Anche la sua identità, come quella di tutti gli 80 elementi del commando che ha partecipato all’irruzione nel covo di Abbottabad in cui si nascondeva Osama Bin Laden, alla fine è rimasta sconosciuta. Non sappiamo il suo nome, la sua provenienza, la sua storia. Neppure conosciamo la sua razza. Quello che è certo è che un pezzo della storia del blitz che ha segnato la fine del leader di Al Qaeda porta anche la sua firma. Anzi, la sua impronta. Perché c’è anche un cane tra quelli che l’America considera i suoi nuovi eroi nazionali. E il New York Times ha pensato bene di dedicare a questo eroico cane un lungo ed appassionato ritratto.
Il cane dei Navy Seals
«Un cacciatore a quattro zampe» titola il quotidiano della Grande Mela parlando nello specifico del cane dei Navy Seals che ha preso parte alla missione, ma estendendo di fatto il concetto ad un protagonista tutt’altro che secondario di una delle azioni militari più importanti della storia recente. Le autorità americane hanno preferito mantenere il massimo riserbo anche su di lui. Si sa soltanto che potrebbe essere un pastore tedesco o un belgian malinois. E che il suo contributo è stato importante su diversi fronti. Il cane potrebbe essere infatti stato utilizzato per aprire la strada ai soldati, verificando la presenza di esplosivi interrati o applicati a porte e maniglie in meccanismi trappola. E sarebbe stato utilissimo qualora Bin Laden, così come fece a suo tempo Saddam Hussein, si fosse nascosto in un rifugio occultato sotto terra o dietro qualche parete.
Utili in funzione di prevenzione di attentati
Il Ny times ricorda che sono circa 600 i cani che affiancano le truppe statunitensi impegnate in Afghanistan e in Iraq. E lo stesso generale David Petraeus, comandante del contingente americano nel teatro afgano, riconosce che «le loro abilità durante un combattimento non possono essere replicate da un uomo o da una macchina». Ma più che durante gli scontri, i cani soldato sono utili in funzione di prevenzione di attentati: il loro fiuto rileva gli esplosivi in maniera più efficace di un detector elettronico di sostanze chimiche e mettendo in allerta i soldati impegnati in una perlustrazione evita che gli stessi finiscano inavvertitamente su una mina anti-uomo o che saltino per aria in uno dei cosiddetti esplosivi improvvisati, i cosiddetti Ied (improvised explosive devices), gli stessi che sono stati utilizzati negli attentati contro i blindati “Lince” italiani e che sono costati la vita ad alcuni nostri soldati.
Fonte: Corriere della Sera
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