“Noi esseri umani, oltre ad essere parte integrante della biodiversità, dipendiamo da essa per procurarci cibo, acqua e aria pulite e un clima stabile. È il nostro capitale naturale, che stiamo spendendo troppo in fretta e tutti noi sappiamo cosa accade quando ci indebitiamo al di là delle nostre possibilità“. Con questa premessa il Commissario europeo per l’Ambiente, Janez Poto?nik, ha presentato la nuova strategia adottata dall’Unione Europea per arrestare la perdita della biodiversità e il degrado ambientale del nostro territorio. La strategia proposta dalla Commissione UE prevede sei obiettivi prioritari che mirano a contrastare i principali fattori responsabili della perdita della biodiversità.
Protezione della natura
In dettaglio, la nuova strategia della Commissione propone di dare priorità alle seguenti azioni: 1) assicurare la piena attuazione della normativa vigente in materia di protezione della natura e della rete di riserve naturali per poter migliorare la conservazione degli habitat e delle specie animali e vegetali; 2) migliorare e ripristinare gli ecosistemi, aumentando in particolare l’uso di infrastrutture verdi; 3) garantire la sostenibilità delle attività agricole e forestali; 4) salvaguardare e proteggere gli stock ittici dell’Unione Europea; 5) contenere le specie invasive che sono causa di perdita di biodiversità in Europa; 6) aumentare il contributo della UE all’azione concertata in questo settore a livello internazionale. Secondo la Commissione europea la situazione della biodiversità in Europa è giunta ormai ad un punto critico, con un tasso di estinzione di specie che sta aumentando a ritmi mai registrati finora.
Rilevanti perdite economiche
Questo degrado si traduce anche in rilevanti perdite economiche. Si stima, ad esempio, che la sola diminuzione dell’impollinazione da parte degli insetti abbia già fatto segnare nell’Unione Europea un danno quantificabile in 15 miliardi di euro all’anno. Sul territorio europeo – si legge nel documento – la perdita di biodiversità è dovuta soprattutto a cambiamenti nell’utilizzo del territorio, inquinamento, sfruttamento eccessivo delle risorse, diffusione incontrollata di specie non autoctone e cambiamenti climatici. Attualmente, solo il 17% degli habitat e delle specie esaminati godono di uno stato di conservazione soddisfacente e la maggior parte degli ecosistemi non riesce più a fornire in quantità e qualità ottimali i servizi da cui dipendiamo, come l’impollinazione delle colture, aria e acqua pulite, il controllo delle inondazioni o dell’erosione.
Fonte: La Stampa