La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime le leggi regionali con cui Puglia, Basilicata e Campania avevano vietato l’installazione sul loro territorio di impianti di produzione di energia nucleare, di fabbricazione di combustibile nucleare e di stoccaggio di rifiuti radioattivi. La decisione – secondo quanto appreso dall’ANSA da fonti qualificate – è stata presa in una delle ultime camere di consiglio dei giudici costituzionali e le motivazioni saranno depositate nei prossimi giorni. Secondo la Consulta le tre leggi regionali che in assenza di un’intesa tra Stato e Regioni precludono il proprio territorio all’installazione di impianti nucleari violano specifiche competenze statali. In particolare, le norme di Puglia, Basilicata e Campania sono state bocciate perché, in riferimento ai depositi di materiali e rifiuti radioattivi, avrebbero invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente (art.117, secondo comma, lettera s).
L’installazione di impianti nucleari sul territorio
Mentre per quanto riguarda l’installazione di impianti di energia nucleare – si è inoltre appreso – sarebbe stata lesa la competenza esclusiva dello Stato in materia di sicurezza (art.117, secondo comma, lettere d e h). In base al ragionamento dei giudici costituzionali, se le Regioni ritengono giustamente necessaria un’intesa con lo Stato per l’installazione degli impianti allora possono impugnare le leggi statali dinanzi alla Consulta e non, come invece hanno fatto Puglia, Basilicata e Campania, riprodurre con legge regionale le situazioni che considerano più corrette.
Rigettati tutti i ricorsi delle Regioni
Non è la prima volta che la Corte Costituzionale affronta la spinosa questione del nucleare. E non sarà neanche l’ultima. L’estate scorsa la Consulta ha infatti rigettato i ricorsi con cui 10 Regioni (Toscana, Umbria,Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, EmiliaRomagna e Molise) avevano impugnato la legge delega 99 del 2009 con cui il governo ha fissato i principi generali per il ritornodel nucleare in Italia. Le norme di quella ‘cornice nazionale’ -faceva rilevare il vicepresidente della Corte, Ugo De Siervo,relatore ed estensore della sentenza n. 278 del 22 luglio scorso- non appaiono in contrasto con il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.
Cosa fare per impedire il proliferare delle centrali
Ma – veniva sottolineato -é al momento dell’esercizio della delega da parte del governo che “il coinvolgimento delle Regioni interessate si impone con forza immediata e diretta”. Dunque, il compito della Corte Costituzionale non si è esaurito: devono essere ancora esaminati i ricorsi di quelle regioni che hanno impugnato il decreto delegato in cui sono indicate le aree che potranno essere scelte dagli operatori per la costruzione delle prossime centrali nucleari.
Il referendum di Idv
Non solo: alla Corte Costituzionale è in dirittura di arrivo il quesito referendario promosso dall’Idv di Di Pietro contro il ritorno del nucleare in Italia. Il quorum delle 500 mila firme necessarie sarebbe stato raggiunto. Entro la fine del mese la Cassazione dovrebbe terminare il conteggio delle sottoscrizioni anche per gli altri due referendum, per l’abolizione della legge sul legittimo impedimento e contro la privatizzazione dell’acqua. Una volta terminata la procedura, la Suprema Corte passerà la palla alla Corte Costituzionale, che probabilmente già nella seduta del 10 gennaio prossimo dovrà esprimersi sul via libera o meno al referendum sul nucleare.