Un “Piano di emergenza per salvare gli oceani del pianeta” rendendone il 40% ‘area off limits’. A presentarlo, a pochi giorni dall’inizio della decima Conferenza delle Parti della Convenzione per la Biodiversità (Cbd), che si terrà a Nagoya, in Giappone, è l’associazione ecologista Greenpeace secondo la quale “per salvare l’ecosistema marino, a Nagoya i governi di tutto il mondo dovranno decidere di istituire una rete globale di riserve marine che copra il 40% degli oceani del pianeta“.
La necessità di riserve marine
“Abbiamo bisogno di riserve marine adesso per dare un futuro agli oceani e a noi stessi. Il prossimo incontro della Convenzione per la Biodiversità – avverte Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace – deve sancire il rispetto degli impegni già presi dai leader di tutto il mondo che nel 2002 a Johannesburg hanno promesso di istituire entro il 2012 una rete di riserve marine per salvare i nostri mari da decenni di pesca eccessiva e distruzione“.
Il Piano di emergenza per salvare gli oceani
In particolare, il “Piano di emergenza per salvare gli oceani” di Greenpeace fornisce una chiara roadmap per creare una rete di riserve marine, aree ‘off limits’ per le attività estrattive come la pesca, le perforazioni offshore e altre attività pericolose. Il Piano considera in particolare quelle aree prioritarie che Greenpeace da tempo è impegnata a difendere: da ambienti incontaminati come l’Oceano Artico o Antartico fino al Mediterraneo, tra i mari più sfruttati e minacciati del mondo.
Una rete di riserve marine per salvare la biodiversità
Da anni Greenpeace è impegnata a promuovere la creazione di una rete di Riserve Marine in alto mare in particolar modo nel Mediterraneo, un mare che rappresenta meno dell’1% della superficie marina del Pianeta, ma ospita il 9% circa della biodiversità marina nota. Due aree di particolare importanza per questa rete riguardano l’Italia: il Santuario dei Cetacei e il Canale di Sicilia.
Garantire la tutela del territorio
“Purtroppo -afferma l’associazione ambientalista- oggi il primo è solo un parco di ‘carta’, mentre la tutela del secondo non è garantita in alcun modo: mentre si concretizza la minaccia delle estrazioni petrolifere nel Canale di Sicilia, il ministero dell’Ambiente esprime la sua contrarietà all’istituzione di Riserve Marine nelle acque internazionali del Mediterraneo“.
Serve l’impegno della politica
“Il nostro Paese deve sviluppare piani concreti di tutela, rispettando i propri impegni e dimostrandosi leader nella protezione del mare. Solo una rete di riserve marine – continua Monti – è in grado di tutelare il mare e permettere il ripristino di quel che abbiamo perso, come gli stock ittici depauperati. Le riserve marine sono poi necessarie ad alleviare l’insicurezza alimentare e la povertà e per rendere i nostri oceani più resistenti ai cambiamenti climatici. La comunità scientifica lo ha già ampiamente riconosciuto“. “E’ ora che siano i nostri politici -conclude l’ambientalista- a mettere in atto con urgenza questo piano di salvataggio“.