“Il recentissimo abbattimento autorizzato di un ennesimo lupo (il nono in dieci anni) in Svizzera riapre una ferita alle politiche e agli sforzi internazionali per la conservazione di questa specie proprio nell’anno che le Nazioni Unite hanno dedicato alla difesa della biodiversità”. Comincia così l’esposto inviato da Legambiente alle autorità elvetiche, al Consiglio d’Europa e alle autorità depositarie delle Convenzioni Internazionali per la tutela dell’ambiente alpino, in seguito all’abbattimento di un lupo maschio nel Canton Vallese, con il permesso delle autorità. L’animale, ucciso l’11 agosto sull’alpeggio di Scex, a cinquanta chilometri dal confine italiano, per aver predato alcuni ovini e bovini nei mesi precedenti, faceva parte della prima coppia di lupi formata in territorio svizzero.
L’ABBATTIMENTO DEI LUPI
”E’ inaccettabile che nel cuore d’Europa sia consentito abbattere esemplari di una specie così importante per l’ecologia dell’intero arco alpino – dichiara Sebastiano Venneri, vicepresidente nazionale di Legambiente -. La Svizzera non può chiamarsi fuori unilateralmente da un impegno di conservazione della natura solennemente proclamato da tutti gli Stati. Per questo chiediamo al ministro Prestigiacomo di promuovere uno sforzo diplomatico nei confronti delle autorità del Paese confinante, richiamandole al rispetto degli accordi internazionali”.
LA POLITICA SVIZZERA SUI LUPI
In oltre quindici anni dalla ricomparsa del lupo, la gestione faunistica adottata dalla Svizzera – che prevede l’abbattimento dei lupi ogni qual volta decidano di comportarsi da predatori – non ha mai consentito la formazione di branchi nelle Alpi Svizzere, un territorio di strategica importanza per la colonizzazione delle Alpi centrali e centro-orientali, impedendo, di fatto, la riproduzione della specie e la sua sopravvivenza. E rendendo quasi impossibile la ricolonizzazione del settore orientale delle Alpi in Italia, Austria e Germania.
Legambiente, nel chiedere che questi abbattimenti vengano fermati, ricorda che quello della Svizzera è un caso unico in Europa di fallimento del modello di convivenza, che altrove risulta efficace. L’associazione sottolinea che l’abbattimento di lupi non risolve le problematiche relative a una convivenza sostenibile tra la specie e le attività antropiche, non tutela gli allevatori che ancora non utilizzano le opere di prevenzione oggi disponibili e concorre a incrementare i rischi di estinzione di una specie minacciata, per la tutela della quale Paesi come l’Italia e la stessa Ue investono, giustamente, molte risorse economiche.
LA PROTEZIONE DEGLI ALLEVAMENTI IN ALTA QUOTA
”La scelta delle autorità svizzere è guidata da una miope ricerca di consenso anziché da una seria volontà di affrontare e risolvere i problemi con cui si confronta la pastorizia di montagna – commenta Damiano Di Simine, responsabile dell’Osservatorio Alpi di Legambiente -. L’attività pastorale e d’alpeggio è stata accompagnata per secoli dalla presenza di grandi predatori e non sono stati certo i lupi, assenti da tutto l’arco alpino nell’ultimo secolo, a far scomparire gli allevamenti in alta quota. Pensare che abbattere i lupi sia un modo per aiutare gli allevatori è miope populismo. Sono necessarie politiche attente e consapevoli, coerenti con la Convenzione delle Alpi”.