Il ”delicatissimo” sistema ecologico ne soffrira’ per almeno 30 anni, fino a che la natura non riuscira’ a trovare un nuovo equilibrio e a ‘mangiare’ quanto rimane del petrolio sversato nel Golfo del Messico a causa dell’incidente alla piattaforma della Bp. Questo il quadro del ”disastro ecosistemico” della ‘marea nera’ immaginato da Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf, a oltre 100 giorni di distanza dall’inizio della perdita e quando finalmente oggi il ‘tappo’ static kill ha funzionato correttamente bloccando la fuoriuscita di greggio. La falla e’ chiusa, ma il disastro ecologico e’ evidente: 5 milioni di barili (come comunica ufficialmente la Bp) – pari a 780 milioni di litri – di petrolio che galleggiano in mare, 7 milioni di litri di solventi versati sulla marea nera che potrebbero aver portato (secondo gli ambientalisti) piu’ danni che benefici, un’alterazione biologica dello spazio ecosistemico che la natura dovra’ ricomporre, e il rallentamento della catena alimentare.
RIPERCUSSIONI DEVASTANTI
Secondo Bologna ”non e’ mai successo nulla di simile: non c’e’ mai stata una fuoriuscita di petrolio in modo cosi’ continuativo” con ripercussioni cosi’ ”devastanti”. Le perdite ‘economiche’ dovrebbero sfiorare i 4 miliardi di dollari ma, avverte l’esperto, quello che dovra’ pagare ”la natura per recuperare” i danni al territorio, alla biodiversita’, e alla catena alimentare potrebbe durare ”numerose decadi”: ci vorranno da 30 a 50 anni di ”deficit ecologico” affinche’ la natura possa ‘purgarsi’, anche se – rileva – per parlare del recupero ecologico con certezza servono ”studi e monitoraggi di almeno 3-4 anni”.
I RISCHI PER LA POPOLAZIONE DEI CORALLI DEL GOLFO
E ora rischia anche la popolazione di coralli del Golfo – secondo uno studio del Mote marine laboratory in Florida – sconvolta dal liquido ‘tappante’ usato dalla Bp per otturare la falla. In questo caso, per Bologna, ”il pericolo di perdita dei coralli e’ lo stesso che coinvolge la catena alimentare, che rischia di venire rallentata: in particolare per molluschi, crostacei e pesci, che trascorrendo gli stadi della loro evoluzione in ambienti diversi, entrano in contatto con le larve dei coralli”. Ora, pero’ – secondo un rapporto pubblicato dal New York Times on-line – un’insolita mano a ripulire l’oceano, in cui continuerebbe a esserci meno petrolio del previsto (il 26% di quello fuoriuscito), giunge dai batteri presenti in mare: ”Sono forme di vita straordinarie – afferma il direttore scientifico del Wwf – possono vincere l’inquinamento riuscendo a riprodursi anche a oltre 120 gradi e sintetizzando molecole inquinanti”, una capacita’ che viene loro naturale. La situazione attuale, pero’, conclude Bologna, impone una riflessione sul ”declino dei combustibili fossili” e sulla ”vulnerabilita’ dell’intero processo: il petrolio ha, infatti, un impatto ambientale in tutta la sua filiera, dai danni dovuti alla sua estrazione fino a quello che combina con le emissioni di CO2”.