Non solo business ma anche solidarietà. Le aziende italiane dimostrano di essere sempre più impegnate e soprattutto sensibili alle iniziative umanitarie. Nonostante la crisi. E lo dimostrano i 960 milioni di euro investiti nel 2009. In particolare sono sette su 10 le aziende che hanno investito in iniziative di responsabilità sociale d’impresa, confermando il trend positivo degli ultimi anni. E tra i settori di intervento privilegiati spicca il sostegno umanitario e la solidarietà (66% delle aziende investitrici). A fotografare la situazione è un’indagine condotta da Swg.
IL CODICE ETICO
Anche le belle parole quindi a volte si traducono in fatti. Ed è proprio per dare al proprio impegno sociale ed etico dei confini più tangibili, che quasi un’azienda su due ha deciso di dotarsi di un codice etico. Il mondo delle imprese quindi è sempre più consapevole di far parte di un microcosmo di attori con i quali è costantemente in relazione. Ma non sempre c’è una efficace condivisione interna: se quasi la metà delle aziende dichiara che il personale è partecipe all’obiettivo aziendale della responsabilità sociale, solo una su cinque ha avuto modo di verificare questo livello di condivisione con un appropriato sistema di misurazione.
IL CASO DI TERNA
Un caso particolare è quello di Terna che, per coinvolgere i dipendenti, ha messo ‘ai voti’ il proprio codice etico. Legalità e onestà; responsabilità e buona gestione e rispetto, sono stati i tre valori più votati dalle risorse interne. Un’iniziativa che mira a migliorare il clima interno, sviluppare un forte senso di fiducia, orgoglio e appartenenza verso la propria azienda. E non solo. I valori votati hanno dato origine a donazioni ad associazioni che supportano progetti concreti di solidarietà e coerenti con il valore indicato, ciascuno finanziato con 5 mila euro. Ogni progetto poi verrà monitorato ed è stato previsto che siano gli stessi dipendenti a verificare al momento opportuno il suo concreto svolgimento.
LA RESPONSABILITA’ SOCIALE
Ma un’impresa ha molti modi per essere socialmente responsabile. In generale la partecipazione delle aziende è soprattutto di tipo passivo, con oltre un terzo del campione che si limita a fare delle erogazioni economiche o di materiali. Seppur secondario però non è trascurabile l’impegno delle aziende che hanno deciso di scendere in campo in prima persona. L’Oreal, ad esempio, è partner storico della Fondazione La Piazza dei Mestieri il cui scopo è fornire una qualificazione professionale a giovani provenienti da situazioni di disagio personale e sociale, spesso con alle spalle una storia di abbandono scolastico. In pochi anni, grazie ai corsi di coiffure, più di mille ragazzi hanno raggiunto la qualifica professionale, con tassi di inserimento sul mercato del lavoro superiori al 90%.
IL CASO DE CECCO
Un altro esempio è l’impegno sociale della De Cecco che punta alla formazione e al rilancio occupazionale giovanile con la collaborazione di amministrazioni scolastiche e attivando corsi di formazione. E dal 2002 è stata creata la Fondazione Sviluppo e Competenze per lo svolgimento di attività di formazione per giovani inoccupati.
Il ‘volontariato’ d’impresa quindi sembra essere entrato a pieno diritto nella scale delle priorità e le aziende dimostrano una certa determinazione ad accrescere la propria reputazione nel territorio e nelle comunità di riferimento. Segno di un futuro sempre più orientato alla sostenibilità.