In tempi di crisi, è ‘boom’ per il cibo locale. Più di 3 miliardi di euro sono stati spesi, infatti, dagli italiani in un anno per gli acquisti di prodotti a chilometri zero che possono contare su una rete di oltre 63mila imprese agricole, 18mila agriturismi, 500 mercati degli agricoltori di ‘Campagna Amica’, quasi 1200 distributori di latte fresco oltre a decine di ristoranti, mense, osterie, botteghe, consorzi agrari, cooperative, agriasili, vinerie, pescherie, pizzerie e gelaterie dove si servono prodotti locali e di stagioni operativi nel 2009. E’ quanto è emerso dalla prima indagine sulla ”Spesa a km 0 in Italia”, presentata dalla Coldiretti in occasione della giornata mondiale dell’Onu dedicata all’ambiente nell’ambito del Festival Internazionale dell’Ambiente organizzato insieme a Symbola – Fondazione per le Qualità Italiane.
LA SPESA A CHILOMETRI ZERO IN ITALIA
Il progetto chilometri zero della Coldiretti si pone l’obiettivo di facilitare l’accesso dei consumatori alla produzione agricola tagliando le intermediazioni e riducendo le distanze che deve percorrere il cibo con mezzi spesso inquinanti prima di giungere a tavola, con effetti positivi sul piano economico, salutistico e ambientale. Si stima infatti, sostiene la Coldiretti, che oltre a garantire un risparmio medio del 30 per cento nel prezzo di acquisto a parità di qualità, i prodotti alimentari freschi come la frutta e verdura a chilometri zero, acquistati al mercato degli agricoltori o direttamente nelle azienda agricole, durano fino a una settimana in più rispetto a quelli dei canali di vendita tradizionali perché provengono direttamente dalle aziende limitrofe, non devono subire intermediazioni commerciali, conservazioni intermedie in magazzino e lunghi trasporti che compromettono la freschezza degli altri prodotti prima di arrivare sul banco di vendita.
IL BOOM DEL CIBO A CHILOMETRI ZERO
La crescita dei consumi a chilometri zero, in controtendenza rispetto alla crisi economica, è favorita anche, sottolinea la Coldiretti, dal proliferare di nuove esperienze alcune delle quali presentate al Festival di Milano come il primo prototipo di ”bancomat del km zero” un selfservice multifunzione attraverso il quale fare il pieno sul posto di latte fresco alla spina, jogurt, marmellate, formaggi, salumi, frutta e verdura e carne, tutto rigorosamente locale o i nuovi gusti di gelato a km zero per l’estate 2010: la polenta, il latte fresco, il melone tipico mantovano, il mascarpone di Lodi e il dolce di riso e latte che coniuga due produzioni di punta del territorio ed è un’antica ricetta contadina.
IMPATTO AMBIENTALE
Ma la spesa a ‘chilometro 0’ , evidenzia la Coldiretti, fa anche risparmiare anche in termini di impatto ambientale. Ogni pasto percorre in media quasi duemila chilometri con aerei, navi o camion, ma consumando prodotti locali, di stagione e a chilometri zero e facendo attenzione agli imballaggi, una famiglia può arrivare ad abbattere fino a mille chili di anidride carbonica l’anno. E’ stato calcolato che un chilo di ciliegie dal Cile per giungere sulle tavole italiane deve percorrere quasi 12mila chilometri con un consumo di 6,9 chili di petrolio e l’emissione di 21,6 chili di anidride carbonica, mentre un chilo di mirtilli dall’Argentina deve volare per più di 11mila chilometri con un consumo di 6,4 kg di petrolio che liberano 20,1 chili di anidride carbonica e l’anguria brasiliana viaggia per oltre 9mila km, brucia 5,3 chili di petrolio e libera 16,5 chili di anidride carbonica per ogni chilo di prodotto, attraverso il trasporto con mezzi aerei.
QUALITA’ E PREZZO
”La spesa a chilometri zero è una opportunità per il Paese con un aumento della concorrenza che va a beneficio delle imprese agricole e dei consumatori che possono così garantirsi acquisti sicuri e di qualità al giusto prezzo”, afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini “nel sottolineare che ”è anche una occasione far conoscere e divulgare i veri sapori della tradizione italiana per poterli riconoscere in tutte le altre forme di vendita senza cadere nell’inganno del falso Made in Italy”.
UN MODO PER CONTRASTARE I CAMBIAMENTI CLIMATICI
”I cambiamenti del clima si possono combattere anche nel piatto. E oltre all’ambiente si fa del bene alla tavola e anche al portafoglio”, afferma Ermete Realacci presidente di Symbola nel sottolineare che ”sono queste le ragioni che sono dietro alla proposta di legge sul Km zero che ho presentato alla Camera dei deputati, per incoraggiare l’acquisto e la coltivazione di alimenti prodotti nell’ambito locale in cui devono essere consumati’‘.
FILIERA CORTA, IMMAGINE VINCENTE
Sempre da quanto emerge dall’indagine della Coldiretti, l’acquisto a chilometri zero è stato praticato da quasi la metà degli italiani (il 41,4 %) ed è una realtà in rapido sviluppo perché da un lato, è una risposta molto efficace alla domanda di genuinità e sicurezza con il rapporto diretto con i soggetti che i beni li producono, e anche con il territorio in cui si risiede, o che comunque è conosciuto; e dall’altro lato, permette di tagliare i prezzi, accorciando la filiera. Si tratta di una sensibilità che trova come motivazioni di acquisto secondo l’indagine Swg/Coldiretti la genuinità (71 per cento) seguita dal risparmio (40 per cento) e dal gusto (26 per cento).
ISTRUZIONE E CONSAPEVOLEZZA
E’ più forte l’orientamento alla spesa a chilometri zero tra le famiglie con figli e da parte delle persone con titolo di studio più alto, visto che, spiega la Coldiretti, è quasi il 45% dei laureati ed oltre il 44% dei diplomati, mentre la quota scende tra i livelli più bassi di scolarità sotto al 40%; è più diffuso l’acquisto presso i produttori tra i 45-64enni (45,7%), e il dato rimane sopra al 40% per le classi di età più giovani, mentre è nettamente inferiore tra gli anziani. Il chilometro zero è, allo stato attuale, molto più praticato in aree territoriali a più intensa presenza di aziende agricole, che integrano la loro attività con un’offerta diretta al consumatore, magari tramite i circuiti dell’associazionismo.
Si evidenzia infatti, precisa la Coldiretti, una relazione inversa che esiste tra grado di ricorso a prodotti acquistati direttamente dai produttori e dimensione del comune di residenza, visto che si passa da oltre il 50% degli intervistati dei comuni fino a 10 mila abitanti ad un minimo del 33% tra quelli dei comuni più grandi, con oltre 100 mila abitanti. La spesa in campagna riguarda per ben il 44 per cento, sottolinea la Coldiretti, l’acquisto di vino in cantina, per il 22 per cento per l’ortofrutta, per il 15 per cento per formaggi e latte, per il 9 per cento per carni e salumi e per il 5 per cento per l’olio di oliva.