In Italia lo sviluppo sostenibile è disciplinato dal Dlgs n. 152 del 03 aprile 2006 con le modifiche apportate dal Dlgs n. 4 del 16 gennaio 2008.
Secondo tale decreto: “Ogni attività umana giuridicamente rilevante deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future”.
Secondo la legge ogni risoluzione delle questioni che implicano anche aspetti ambientali va cercata in modo da garantire lo sviluppo sostenibile, salvaguardando il corretto funzionamento e l’evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività umane.
PACCHETTO CLIMA ENERGIA
Le misure previste dal pacchetto clima-energia, approvato dal Consiglio europeo nel dicembre 2008, accresceranno significativamente il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili in tutti i paesi Ue e imporranno ai governi obiettivi giuridicamente vincolanti. Grazie a una profonda riforma del sistema di scambio delle quote di emissione, che imporrà un tetto massimo alle emissioni a livello comunitario, tutti i principali responsabili delle emissioni di Co2 saranno incoraggiati a sviluppare tecnologie produttive pulite. Il pacchetto legislativo intende consentire all’Unione europea di ridurre di almeno il 20% le emissioni di gas serra e porta al 20% la quota di rinnovabili nel consumo energetico entro il 2020, secondo quanto deciso dai capi di Stato e di governo europei nel marzo 2007. La riduzione delle emissioni sarà portata al 30% entro il 2020 quando sarà stato concluso un nuovo accordo internazionale sui cambiamenti climatici. Secondo i capi di Stato e di governo dell’Ue l’accordo punta a confermare il ruolo di leadership dell’Europa nel processo negoziale orientato al trattato globale sul clima per il post-Kyoto, cioè dopo il 2012. Un processo che partirà ufficialmente con la Conferenza della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP15) di Copenaghen del 7-18 dicembre 2009.
Le reali concessioni all’Italia sul pacchetto clima-energia possono essere sintetizzate principalmente cinque punti.
1. Il primo riguarda l’eliminazione dell’adeguamento ‘automatico’ dal 20 al 30% dell’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2020. L’adeguamento, infatti, si farà in base ad una proposta della Commissione europea nel marzo 2010, che dovrà essere approvata con procedura di co-decisione fra Consiglio Ue ed Europarlamento. Le eventuali misure di adeguamento entreranno in vigore solo dopo l’approvazione del trattato internazionale. Dietro specifica richiesta italiana, la Commissione europea potrà proporre la concessione di nuove quote di Co2 gratuite ai settori esposti a un rischio significativo di delocalizzazione, anche alla luce dei risultati del negoziato internazionale. Nessuno degli obiettivi di riduzione delle emissioni, né quello europeo, né quelli nazionali, potrà essere rimesso in discussione, come invece avrebbe voluto l’Italia.
2. La seconda concessione per il Bel Paese riguarda l’ampliamento della lista dei settori e sotto-settori industriali a rischio di delocalizzazione (“carbon leakage”), se sottoposti ai costi dei diritti di emissione, con l’adozione di parametri obiettivi (sovraccosti sul valore aggiunto ed esposizione internazionale). Vi saranno compresi anche i comparti del vetro, ceramica, carta e siderurgia con forno elettrico. Queste industrie avranno il 100% delle loro quote di Co2 gratis, a condizione di rispettare un benchmarking di efficienza energetica specifico per ogni settore e sempre che non venga adottato un accordo internazionale che elimini il rischio di delocalizzazione. Questo ampliamento potrebbe però far entrare nella lista dei settori a rischio di delocalizzazione fino al 90% dell’industria manifatturiera europea, peraltro con una forte presenza in Italia e Germania.
3. Il terzo punto è la semplificazione delle procedure di verifica delle piccole imprese (sotto le 5.000 tonnellate all’anno di Co2), nell’ambito di una più generale esenzione dal sistema Ets di tutte le Pmi (fino a 25.000 tonnellate di Co2), che dovranno comunque prendere delle “misure equivalenti”. Questa procedura semplificata è una sorta di autocertificazione presso le autorità nazionali competenti che permetterà alle piccole imprese di risparmiare i costi dei verificatori esterni di queste “misure equivalenti”.
4. Quanto al capitolo relativo alla riduzione delle emissioni nei settori non industriali (turismo, servizi, agricoltura, trasporti, edifici), l’Italia è uno dei 12 Stati membri che potranno aumentare il ricorso al Clean Development Mechanism (Cdm) e alla Joint Implementation (JI), cioè di crediti esterni generati da progetti realizzati dalle aziende Ue nei paesi extraeuropei. Questi crediti sono utilizzabili per conseguire gli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni. L’incremento del limite di utilizzo di questi “strumenti flessibili” è passato da 3 a 4 punti percentuali sui 10 punti (13 per l’Italia) che nell’Ue dovranno essere tagliati al 2020 rispetto al livello delle emissioni del 2005. L’Italia aveva chiesto di più.
5. L’ultimo punto riguarda i settori manifatturieri non esposti al rischio di delocalizzazione che riceveranno gratis l’80% delle loro quote di Co2 nel 2013 e poi sempre meno ogni anno fino ad arrivare al 30% nel 2020. Il testo originario prevedeva che a questa data tutte i diritti di emissione fossero a pagamento. Le quote assegnate gratis continueranno comunque a diminuire lentamente dal 30% del 2020 fino allo 0% nel 2027. Questa disposizione diminuirà significativamente i costi delle imprese manifatturiere italiane che non potranno giovarsi della deroga concessa ai settori a rischio di delocalizzazione. L’Italia non ha ottenuto, invece, nessuna deroga al pagamento del 100% delle quote di emissione del settore termoelettrico.
PROTOCOLLO DI KYOTO
Il Protocollo di Kyoto è un trattato adottato dalla comunità internazionale nel 1997, nel corso della Terza Sessione della Conferenza delle Parti (Cop) sul clima, istituita nell’ambito della Convenzione quadro sul cambiamento climatico delle nazioni unite (Unfccc). L’obiettivo è quello di rallentare il riscaldamento globale. Il trattato, originariamente firmato da 160 Stati, è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica anche da parte della Russia.
In particolare il trattato prevede l’obbligo di operare una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio ed altri cinque gas serra, ovvero metano, ossido di diazoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo) in una misura non inferiore al 5% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 (considerato come anno base) nel periodo 2008-2012. Gli stessi Paesi, poi, devono predisporre progetti di protezione di boschi, foreste, terreni agricoli che assorbono anidride carbonica, (‘carbon sinks’, cioè immagazzinatori di Co2). Inoltre possono guadagnare ‘carbon credit’ aiutando i Paesi in via di sviluppo ad evitare emissioni inquinanti, esportando tecnologie pulite.
Il protocollo di Kyoto prevede il ricorso a meccanismi di mercato, i cosiddetti ‘Meccanismi Flessibili’; il principale è il Meccanismo di Sviluppo Pulito. L’obiettivo è di ridurre le emissioni al costo minimo possibile. Fra i vari meccanismi che il protocollo prevede ci sono il ‘Clean Development Mechanism’ (meccanismo di sviluppo pulito), il ‘Joint implementation’ (implementazione raccordata) e l’’Emission Trading’ (commercio di emissioni).
Il Clean Development Mechanism prevede la possibilità, per i paesi industrializzati e per quelli a economia in transizione, di realizzare progetti che producano benefici in termini di riduzione delle emissioni in paesi in via di sviluppo e che garantiscano al paese che ospita il progetto un progresso economico e sociale, ottenendone in cambio dei crediti di emissione (Cer).
Il Joint implementation invece riguarda la chance, sempre per paesi industrializzati e per quelli a economia in transizione, di realizzare progetti in un paese dello stesso gruppo, con cui utilizzare congiuntamente i crediti derivanti.
Infine l’Emission Trading consente lo scambio di Cer tra paesi industrializzati e paesi a economia in transizione: se un paese ha raggiunto obiettivi superiori a quelli prefissati, ha la possibilità di cedere parte di tali crediti a un altro Stato.
NORME ISO 9000
Iso 9000 identifica una serie di norme e linee guida sviluppate dall’Iso, che propongono un sistema di gestione per la qualità, pensato per gestire i processi aziendali affinché siano indirizzati al miglioramento della efficacia e dell’efficienza della organizzazione oltre che alla soddisfazione del cliente.
Le norme della serie Iso 9000 attualmente (dall’anno 2000 in avanti) sono suddivise in: Iso 9000 che descrive le terminologie e i principi essenziali dei sistemi di gestione qualità e della loro organizzazione (detta anche ‘norma vocabolario’); Iso 9001 per la definizione dei requisiti dei sistemi qualità; Iso 9004 che è una linea guida per il miglioramento delle prestazioni delle organizzazioni.
La ISO 9001 del 2000 prevede un approccio globale e completo di certificazione per cui non è possibile escludere alcuni settori o processi aziendali, se presenti nell’organizzazione o necessari a soddisfare i ‘clienti’. Il nome completo della norma recepita in Italia è Uni En Iso 9001:2000 in quanto la norma Iso è armonizzata, pubblicata e diffusa dall’Ente nazionale italiano di unificazione e dal Comitato europeo di normazione in Europa.
Le norme Iso 9000 sono universali e la loro applicabilità prescinde dalla dimensione o dal settore dell’attività, che può essere un’azienda o qualsiasi altro tipo di organizzazione. Esse definiscono principi generici che l’azienda deve seguire ma non il modo in cui deve produrre determinati prodotti: per questo non sono applicabili ai prodotti ma solo all’azienda che li produce. Secondo questa ottica, la Iso 9001 garantisce il controllo del processo produttivo e la sua efficacia, ma non la sua efficienza.
NORMA ISO 26000
Iso 26000 è la nuova norma sulla responsabilità sociale la cui pubblicazione è prevista per la seconda metà del 2010. Lo scopo è di fornire una guida mirata a responsabilizzare tutti i tipi di organizzazioni sull’impatto delle loro attività sulla società e sull’ambiente, affinché tali attività siano condotte in una modalità che, in accordo con le leggi applicabili, sia basata su un comportamento etico e sia consistente con gli interessi della società e di uno sviluppo sostenibile.
Saranno definiti i temi chiave della responsabilità sociale nelle organizzazioni, suddivisi in: governance dell’organizzazione; diritti umani; pratiche lavorative; ambiente; pratiche operative leali dell’organizzazione; consumatori; coinvolgimento e sviluppo della comunità in cui opera l’organizzazione.
Per ogni tema chiave verranno fornite informazioni sull’ambito di applicazione, sulle implicazioni di responsabilità sociale, sui principi e considerazioni rilevanti, e sulle relative azioni e aspettative.
Il nuovo standard non rimpiazzerà le esistenti attività di Rs bensì contribuirà a valorizzarle ulteriormente, incoraggiando l’implementazione di best practices di Rs in tutto il mondo. Lo standard ISO 26000 conterrà linee guida volontarie e non requisiti.