Il complesso industriale più inquinante d’ Italia è l’ acciaieria Ilva di Taranto. Lo dice Legambiente nel dossier Mal’ aria industriale, nel quale l’ azienda tarantina compare al primo posto in ben 10 delle 14 classifiche stilate.
Secondo i dati emersi dall’inventario nazionale delle emissioni dell’ Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) sulla base dei dati del 2006, lo stabilimento siderurgico Ilva avrebbe immesso nell’aria 32 tonnellate di idrocarburi policiclici aromatici (il 95% del totale nazionale), 92 grammi di diossine e furani (92% del totale), 74 tonnellate di piombo (78% del totale) e 1,4 tonnellate di mercurio (57%). Oltre a 540.000 tonnellate di monossido di carbonio (80% del totale).
Ad occupare posizioni non invidiabili vi sono anche le aree industriali di Porto Marghera e Augusta – Priolo – Melilli di Siracusa, rispettivamente con 4 e 6 impianti. La prima include la raffineria Eni, la Simar Spa, gli stabilimenti Syndial e la Ineos Vinyls. La seconda invece include la centrale Erg, la raffineria Esso, gli stabilimenti Syndial, la centrale Isab Energy, la raffineria Erg e il petrolchimico Polimeri Europa.
Legambiente a questi impianti industriali ha avanzato la richiesta di ammodernamento degli impianti e la riconversione dei cicli produttivi più obsoleti.
L’ Ilva, dal canto suo, ha presentato la richiesta di Autorizzazione integrata ambientale (AIA), che dovrà essere rilasciata entro il marzo 2009.
Le lenzuola bianche di Tamburi alla Prestigiacomo
Nel giorno della presentazione del dossier di Legambiente a Taranto, città più inquinata d’ Italia, gli abitanti del rione Tamburi hanno esposto sui balconi delle loro case delle lenzuola bianche che recavano la scritta “No allo smog”. Quelle stesse lenzuola, che conservano traccia dell’ inquinamento cittadino, verranno consegnate tra un mese al ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo.
L’ emblema della sofferenza del Sud
Così il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha definito la città di Taranto. Il presidente pugliese, infatti, è stato il primo firmatario del provvedimento per la chiusura della Fibronit di Bari, tristemente famosa come “la bomboniera d’ amianto”. Molti sono gli ex dipendenti di questa fabbrica ad essere morti lentamente di asbestosi o di mesotelioma pleurico. Il vero problema, secondo Vendola, sembra però essere l’accumulo di veleni nella terra, che deve essere bonificata integralmente per un perimetro di 150 chilometri quadrati.